LA CORTE DEI CONTI Sezioni riunite per il Trentino-Alto Adige/Südtirol presiedute dal Presidente Angelo Buscema e composte dai magistrati: Anna Maria Rita Lentini, Presidente di sezione; Josef Hermann Rössler, Presidente di sezione; Alessandro Pallaoro, consigliere; Tullio Ferrari, consigliere; Massimo Agliocchi, primo referendario (relatore); Alessia Di Gregorio, primo referendario (relatore), ha pronunciato la seguente ordinanza nel giudizio di parificazione del rendiconto generale della Provincia autonoma di Trento per l'esercizio finanziario 2018. Visti gli articoli 100, secondo comma, e 103, secondo comma, della Costituzione; Visti gli articoli 134 della Costituzione, l'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Visti gli articoli 3, 81, 97, 117, secondo comma, lettera l) e 119, primo comma, della Costituzione; Visto il testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige/Südtirol, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 e relative norme di attuazione; Visto il decreto del Presidente della Repubblica 15 luglio 1988, n. 305 e successive modificazioni, recante norme di attuazione dello statuto speciale per la Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol per l'istituzione delle Sezioni di controllo della Corte dei conti di Trento e di Bolzano e per il personale ad esse addetto; Visto il testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214 e successive modificazioni; Visto il decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213; Visto l'art. 92 della legge provinciale 29 aprile 1983, n. 12, cosi' come sostituito dall'art. 35 della legge provinciale 24 gennaio 1992, n. 5, modificato dall'art. 14 della legge provinciale 19 maggio 1992, n. 15 e integrato dall'art. 15 della legge provinciale 7 agosto 1995, n. 8; Visto l'art. 18 della legge provinciale 27 agosto 1999, n. 3, come modificato dall'art. 28, comma 1, della legge provinciale 22 aprile 2014, n. 1 e integrato dall'art. 18, comma 1, della legge provinciale 3 agosto 2018, n. 15; Visto l'art. 3, comma 2-bis, del decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 543, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 639 del 20 dicembre 1996; Visto l'art. 18, comma 1, del decreto-legge 25 marzo 1997, n. 67, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 1997, n. 135; Visto l'art. 10-bis, comma 10, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, nel testo convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248; Visti gli articoli 31, comma 2, e 110, comma 7, del codice di giustizia contabile, approvato con il decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174; Vista la nota prot. n. 295 del 20 febbraio 2019 del magistrato istruttore della Sezione di controllo per il Trentino-Alto Adige/Südtirol, sede di Trento, inviata alla Provincia autonoma di Trento; Vista la nota prot. n. 41855 del 3 aprile 2019, con la quale la Provincia autonoma di Trento ha fornito gli elementi istruttori richiesti; Vista la nota prot. n. 289102 del 7 maggio 2019, con la quale la Provincia autonoma di Trento ha trasmesso alla Corte dei conti il rendiconto generale per l'esercizio finanziario 2018, completo del conto economico e dello stato patrimoniale, unitamente alla relazione sulla gestione; Vista la nota prot. n. 1488 del 17 maggio 2019 del magistrato istruttore della Sezione di controllo per il Trentino-Alto Adige/Südtirol, sede di Trento, inviata alla Provincia autonoma di Trento, con cui e' stato chiesto un supplemento istruttorio; Vista la nota prot. n. 321336 del 21 maggio 2019, con la quale la Provincia autonoma di Trento ha trasmesso la documentazione richiesta; Vista l'ordinanza n. 2/SS.RR./2019 del 6 giugno 2019 del Presidente delle Sezioni riunite per la regione Trentino-Alto Adige/Südtirol, che fissa l'adunanza per il giudizio di parificazione del Rendiconto generale della Provincia autonoma di Trento per il giorno 28 giugno 2019; Visto il decreto n. 5/SSRR/2019 del 6 giugno 2019 con cui il Presidente delle Sezioni riunite della Corte dei conti per la Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol ha convocato per il 19 giugno 2019 la Camera di consiglio per discutere in contradditorio con la Provincia le osservazioni dei magistrati istruttori; Vista la nota n. 1619 del 6 giugno 2019 della Sezione di controllo per il Trentino-Alto Adige/Südtirol, sede di Trento, con la quale e' stata trasmessa alla Provincia, al Collegio dei revisori e alla Procura regionale della Corte dei conti di Trento la sintesi delle osservazioni sugli esiti istruttori, per le eventuali precisazioni e controdeduzioni; Viste le osservazioni dell'Amministrazione provinciale trasmesse con nota del Presidente prot. n. 380409 del 13 giugno 2019; Vista la deliberazione n. 51/2019/FRG del 17 giugno 2019, con la quale la Sezione di controllo per il Trentino Alto Adige/Sütirol, sede di Trento, ha approvato gli esiti dell'attivita' istruttoria finalizzata al giudizio di parificazione del rendiconto generale della Provincia autonoma di Trento per l'esercizio finanziario 2018 e ne ha ordinato la trasmissione alle Sezioni riunite per la Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol; Vista la nota prot. n. 38 del 18 giugno 2019 della Sezione di Controllo per il Trentino-Alto Adige/Südtirol, sede di Trento, con la quale e' stata trasmessa la deliberazione n. 51/ 2019/FRG del 17 giugno 2019 alla Provincia autonoma di Trento, al Collegio dei revisori e alla Procura regionale della Corte dei conti di Trento; Visto il resoconto della riunione camerale del 19 giugno 2019, alla quale sono comparsi i rappresentanti dell'Amministrazione provinciale, il Collegio dei revisori e la Procura regionale della Corte dei conti di Trento; Vista la memoria della Procura regionale presso la Sezione giurisdizionale per il Trentino-Alto Adige/Südtirol, sede di Trento, depositata in data 27 giugno 2019; Vista la decisione n. 4/PARI/2019 con cui le Sezioni riunite per la Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol hanno parificato, parzialmente, il rendiconto per l'esercizio finanziario 2018 della Provincia autonoma di Trento; Uditi, alla pubblica adunanza del 28 giugno 2019, i relatori, il Procuratore regionale e il Presidente della Giunta provinciale. Ritenuto in fatto Con nota prot. n. 295 del 20 febbraio 2019, il magistrato istruttore ha instaurato regolare contraddittorio con la Provincia autonoma di Trento, ai fini del giudizio di parificazione del rendiconto per l'esercizio finanziario 2018. In particolare, e' stato formulato il seguente quesito istruttorio: «indicare il totale degli impegni e dei pagamenti (competenza e residui) per capitolo di bilancio dei rimborsi, ai sensi della vigente normativa provinciale, per spese legali, peritali e di giustizia sostenute dai soggetti aventi diritto coinvolti per fatti o cause di servizio in procedimenti penali, civili, amministrativi e contabili, specificando gli importi liquidati distintamente per tipologia di giudizio e precisando se trattasi di spese sostenute per la difesa nelle fasi preliminari di detti giudizi, se gli stessi si siano conclusi senza ricognizione definitiva di alcuna responsabilita' a seguito di condono o prescrizione o proscioglimento o archiviazione o amnistia intervenuta prima di esaurito accertamento giudiziale del reato, o se trattasi di giudizi conclusi con accertamento di colpa lieve o sia stata disposta la compensazione delle spese». La Provincia autonoma, con nota prot. n. 41855 del 3 aprile 2019, ha fornito gli elementi richiesti, trasmettendo una relazione sulla citata normativa provinciale inerente al rimborso delle spese legali a favore di dipendenti e amministratori e una tabella analitica recante il dettaglio degli importi rifusi nell'esercizio 2018. Con nota prot. n. 289102 del 7 maggio 2019 il Presidente della Provincia autonoma di Trento ha trasmesso alla Sezione di controllo di Trento, ai fini della parifica, il rendiconto generale della Provincia per l'esercizio 2018 e relativi allegati approvato con delibera n. 516 dalla Giunta provinciale nella seduta del 19 aprile 2019. Con successivo supplemento istruttorio (nota prot. n. 1488 del 17 maggio 2019), il magistrato istruttore ha chiesto la trasmissione dei provvedimenti di liquidazione delle spese legali rimborsate ai singoli dipendenti. L'Amministrazione ha inviato la documentazione richiesta con nota prot. n. 321336 del 21 maggio 2019. L'esame della documentazione inviata dalla Provincia ha consentito di evidenziare che, nel corso dell'esercizio finanziario 2018, sono state impegnate e pagate sul capitolo di spesa n. 151750-003 risorse per euro 188.145,75 a titolo di rimborso spese legali al personale dipendente in forza di quanto disposto dall'art. 92 della legge provinciale 29 aprile 1983, n. 12 e s.m., e dell'art. 18 della legge provinciale 27 agosto 1999, n. 3 e s.m. L'art. 92 della l.p. n. 12/1983 e s.m. («Rimborso spese legali») dispone quanto segue: «1. La Provincia rimborsa le spese legali, peritali e di giustizia sostenute dai propri dipendenti per la difesa nei giudizi civili, penali e contabili nei quali siano stati coinvolti per fatti o cause di servizio, salvo rivalsa nei casi di condanna per azioni od omissioni commesse con dolo o colpa grave dell' imputato o convenuto in giudizio. 1-bis. Qualora dalla sentenza di condanna intervenuta nei giudizi penali e contabili di cui al comma 1 non risulti il grado di colpa, per l' accertamento della sussistenza del requisito della colpa grave al fine di disporre il rimborso delle spese legali o la conseguente rivalsa, la Giunta provinciale si avvale di una apposita commissione composta da tre membri particolarmente qualificati nel settore giuridico e legale che esprime proposte motivate per tale scopo. La medesima commissione opera anche nel caso in cui la sentenza sia in parte di condanna e di parte di assoluzione per proporre alla Giunta provinciale se ed in che proporzione debba avere luogo la rivalsa di cui al comma 1. A tutti i componenti della commissione che esercitano la professione di avvocato sono corrisposti i compensi stabiliti ai sensi dell'art. 57 del regio D.L. 27 novembre 1933, n. 1578 (Ordinamento delle professioni di avvocato e procuratore). 2. Il rimborso delle spese legali e' limitato a quelle sostenute per un solo difensore e per non piu' di due consulenti tecnici, detratto quanto liquidato a favore del dipendente nel giudizio civile, penale e contabile o quanto riconosciutogli da un'eventuale assicurazione. Per il giudizio davanti alla Corte di cassazione sono rimborsate le spese legali sostenute fino a due difensori. 3. Il rimborso delle spese legali puo' aver luogo anche allorquando il dipendente abbia usufruito dell'amnistia intervenuta prima dell'esaurito accertamento giurisdizionale del reato ovvero in caso di accertata prescrizione del reato. 4. Per il rimborso delle spese legali indicate al comma 2 e per la loro eventuale anticipazione, prima dell'udienza dell'ulteriore grado di giudizio, il dipendente comunica e trasmette all'avvocatura della Provincia i documenti giustificativi e, in ogni caso a pena di decadenza, la parcella del giudizio concluso. La Giunta provinciale delibera il rimborso delle spese legali sostenute. 5. Le norme di cui ai precedenti commi si applicano anche al presidente della Giunta provinciale ed agli assessori provinciali che siano coinvolti in giudizi civili, penali e contabili per fatti o cause connessi all'adempimento del proprio mandato e all'esercizio delle proprie pubbliche funzioni, nonche' ai loro delegati che siano coinvolti in analoghi giudizi per fatti o cause connessi all'esercizio delle pubbliche funzioni delegate, purche' lo specifico atto di delega sia previsto da vigenti disposizioni di legge. 5-bis. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche per i provvedimenti disciplinari nei quali i dipendenti della Provincia siano coinvolti per iniziativa di organi esterni all'amministrazione provinciale quando la legge prescriva l'obbligo dell'assistenza tecnico-legale di un difensore. 5-ter. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche ai componenti, che non appartengano all'amministrazione, di commissioni o comitati comunque denominati istituiti presso la Provincia. Quest'articolo si applica anche ai procedimenti per l'irrogazione di sanzioni previste dall'art. 145 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia), avviati nei confronti di personale dipendente nominato dalla Provincia ai sensi della normativa provinciale che ha svolto tali compiti, in base a disposizioni di servizio, in orario di lavoro o comunque come obbligo di servizio». Inoltre, l'art. 18 della l.p. n. 3/1999 e s.m., recante norma di interpretazione autentica del riportato art. 92 della l.p. n. 12/1983, dispone quanto segue: «1. L'art. 92, comma 1, della legge provinciale 29 aprile 1983, n. 12, come da ultimo modificato dall' art. 16 della legge provinciale 11 settembre 1998, n. 10, s'interpreta nel senso di riconoscere il rimborso anche delle spese legali, peritali e di giustizia sostenute per la difesa nelle fasi preliminari di giudizi civili, penali e contabili; s'interpreta, inoltre, nel senso che il rimborso delle spese legali e' riconosciuto anche nei casi in cui e' stata disposta l' archiviazione del procedimento penale o del procedimento volto all'accertamento della responsabilita' amministrativa o contabile. 1-bis. Ai fini dei rimborsi disposti ai sensi dei commi 1 e 1-bis dell' art. 92 della legge provinciale n. 12 del 1983 e' acquisito il parere del competente consiglio dell'ordine degli avvocati, reso ai sensi dell'art. 29. comma 1, lettera l), della legge 31 dicembre 2012, n. 247 (Nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense). 2. Agli oneri derivanti dall'applicazione di questi articolo si provvede secondo le modalita' indicate nell'allegata tabella D.». Sulla base di tale tessuto normativo, nell'esercizio finanziario 2018, la Provincia autonoma di Trento ha erogato euro 188.145,75 a titolo di rimborso delle spese legali sostenute dai dipendenti in procedimenti penali e contabili. Di detta spesa complessiva pari a euro 188.145,75, l'importo di euro 146.176,08 si riferisce, nello specifico, al rimborso degli oneri sostenuti nell'ambito di procedimenti contabili archiviati ai sensi dell'art. 69 c.g.c. sia a giudizi di responsabilita' amministrativo - contabili conclusi con pronunce di rito, per loro natura non definitive e prive di una statuizione di assoluzione dei convenuti, nelle quali e' stato altresi' chiaramente affermato dal giudice che nulla e' dovuto per le spese di giudizio poiche' - ai sensi dell'art. 10-bis, comma 10, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203 - la liquidazione delle spese ai fini del rimborso da parte dell'amministrazione di appartenenza va disposta solo in caso di proscioglimento nel merito del convenuto, con esclusione di tutti gli altri casi. Le summenzionate erogazioni per l'importo di euro 146.176,08 appaiono illegittime in ragione della sospetta illegittimita' costituzionale delle disposizioni di cui ai citati articoli, in quanto in contrasto con gli articoli 3, 81, 97, 103, comma 2, 117, comma 2, lettera l), e 119, comma 1 della Costituzione. Il magistrato istruttore ha rappresentato, in sede di giudizio di parificazione, quanto segue: «Con riferimento alle disposizioni dettate in materia di personale, suscita forti perplessita' il mantenimento nel sistema ordinamentale della Provincia delle disposizioni recate dall'art. 92 della l.p. 29 aprile 1983, n. 12 (cosi' come sostituito dall'art. 35 della l.p. 24 gennaio 1992, n. 5, modificato dall'art. 14 della l.p. 19 maggio 1992, n. 15 e integrato dall'art. 15 della l.p. 7 agosto 1995, n. 8) e dall'art. 18 della l.p. 27 agosto 1999, n. 3 (comma cosi' modificato dall'art. 28, comma 1, della l.p. 22 aprile 2014, n. 1), in materia di rimborso delle spese legali. Dette disposizioni prevedono, infatti, che «La Provincia rimborsa le spese legali, peritali e di giustizia sostenute dai propri dipendenti per la difesa nei giudizi civili, penali e contabili nei quali siano stati coinvolti per fatti o cause di servizio» (art. 92, comma 1, l.p. n. 12/1983), anche allorquando «il dipendente abbia usufruito dell'amnistia intervenuta prima dell'esaurito accertamento giurisdizionale del reato ovvero in caso di accertata prescrizione del reato» (comma 3). Inoltre, la medesima norma contempla al comma 1-bis un peculiare meccanismo che rimette a un'apposita commissione nominata dalla Giunta provinciale «l'accertamento della sussistenza del requisito della colpa grave» «qualora dalla sentenza di condanna intervenuta nei giudizi penali e contabili di cui al comma 1 non risulti il grado di colpa» ed estende, al comma 5-ter, l'applicazione delle disposizioni in esso recate anche «ai componenti, che non appartengano all'amministrazione, di commissioni o comitati comunque denominati istituiti presso la Provincia». Inoltre, l'art. 18 della l.p. n. 3/99 riconosce il rimborso anche delle spese «sostenute per la difesa nelle fasi preliminari di giudizi civili, penali e contabili [...] anche nei casi in cui e' stata disposta l'archiviazione del procedimento [...] volto all'accertamento della responsabilita' amministrativa o contabile». Alla stregua di quanto appena esposto risulta delineata una disciplina difforme rispetto a quella vigente nell'ordinamento nazionale, ove il rimborso delle spese legali ai dipendenti coinvolti per fatti di servizio in procedimenti penali e contabili trova la propria regolamentazione nel decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 543 (convertito, con modificazioni, nella legge 20 dicembre 1996, n. 639), nel decreto-legge 25 marzo 1997, n. 67 (convertito, con modificazioni, nella legge 23 maggio 1997, n. 135) e nel decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203 (convertito, con modificazioni, nella legge 2 dicembre 2005, n. 248). Inoltre, il Codice di giustizia contabile (di cui all'Allegato 1 al decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174) disciplina espressamente la materia all'art. 31, secondo il quale «Con la sentenza che esclude definitivamente la responsabilita' amministrativa per accertata insussistenza del danno, ovvero, della violazione di obblighi di servizio, del nesso di causalita', del dolo o della colpa grave, il giudice non puo' disporre la compensazione delle spese del giudizio e liquida, a carico dell'amministrazione di appartenenza, l'ammontare degli onorari e dei diritti spettanti alla difesa». La disciplina nazionale richiede, quindi, quale presupposto indefettibile per il rimborso delle spese legali una sentenza di pieno e definitivo proscioglimento nel merito, con la conseguenza di ritenere preclusa ogni possibilita' di rimborso delle spese legali nel caso di proscioglimento per amnistia, per prescrizione e nelle ipotesi di archiviazione nell'ambito del procedimento contabile (cfr. Sezioni riunite in sede giurisdizionale, sentenza n. 3 del 27 giugno 2008; Sezione giurisdizionale Puglia, n. 676 del 23 settembre 2002; Sezione giurisdizionale Marche, n. 236 del 20 agosto 2009; Sezione giurisdizionale Piemonte, n. 179 del 27 maggio 2019). La normativa provinciale prima citata disciplina le fattispecie di rimborso delle spese legali sostenute dai dipendenti provinciali in materie («giustizia amministrativa» e «ordinamento civile») di esclusiva competenza statale ai sensi dell'art. 117, comma 2, lettera l), della Costituzione; per di piu' detta regolamentazione si pone in palese contrasto con il quadro ordinamentale nazionale, le cui ipotesi sono «indicative proprio della specificita' del beneficio, e non gia' della "generalita'" dello stesso» (Consiglio di Stato, Sez. Quarta, 26 novembre 2009, n. 7439). (1) In forza delle citate disposizioni provinciali e' stato impegnato e pagato l'ammontare complessivo di euro 188.145,75, dei quali l'importo di euro 146.176,08 si riferisce al rimborso di spese sostenute nell'ambito sia di procedimenti contabili archiviati ai sensi dell'art. 69 c.g.c. sia di giudizi di responsabilita' amministrativo-contabili conclusi con pronunce di rito (rese nell'ambito di giudizi di responsabilita', promossi con atti di citazione rinnovati a seguito della sentenza n. 12 del 15 aprile 2015 della Sezione giurisdizionale per il Trentino-Alto Adige/Südtirol, sede di Trento (2) ), con le quali e' stato chiaramente statuito che «nulla e' dovuto per le spese di giudizio poiche' «l'art. 10-bis, comma 10, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, [...], stabilisce espressamente che la liquidazione delle spese ai fini del rimborso da parte dell'amministrazione di appartenenza va disposta solo in caso di proscioglimento nel merito del convenuto, con esclusione di tutti gli altri casi (Sezione III Appello, n. 565 del 17 settembre 2010; n. 127 del 6 aprile 2016; ...)» (Corte dei conti, Sezione giurisdizionale Trento, sentenza n. 29 del 6 luglio 2016) o che «non e' consentito provvedere alla liquidazione delle spese di difesa in favore dei convenuti, ai fini del rimborso da parte dell'Amministrazione di appartenenza» (Sezione giurisdizionale Trento, sentenza n. 23 del 7 luglio 2016). In relazione alle criticita' prospettate in sede di sintesi degli esiti istruttori, l'Amministrazione ha, in primo luogo, replicato che l'istituto in questione non attiene alla materia di competenza legislativa esclusiva statale dell'ordinamento civile e della giustizia amministrativa ex art. 117, comma 2, lettera l), della Costituzione, bensi' rientra nella materia dello «ordinamento degli uffici provinciali e del personale ad essi addetto», rispetto alla quale la Provincia autonoma di Trento, ai sensi dell'art. 8, comma 1, n. 1), dello Statuto speciale di autonomia, esercita una competenza legislativa primaria. «In particolare», continua la Provincia «in attuazione di questa competenza legislativa primaria, il legislatore provinciale ha dettato una disciplina del rapporto di servizio o di impiego, intercorrente tra la Provincia ed i propri dipendenti [e] il rimborso delle spese legali e' un istituto che attiene al rapporto di servizio [...], rispetto al quale, pertanto, la Provincia autonoma esercita la ridetta competenza legislativa primaria». In secondo luogo, l'Amministrazione ha sostenuto che «l'istituto del rimborso delle spese legali non incide in alcun modo sulla disciplina della liquidazione delle spese operata dal giudice nell'ambito del giudizio in cui il dipendente provinciale e' stato coinvolto. [...] L'istituto del rimborso delle spese legali quale disciplinato dal legislatore provinciale non sostituisce e non modifica la liquidazione giudiziale delle spese, ma ne tiene conto ai soli fini della concreta quantificazione del rimborso [...]. In altri termini, nel caso in cui le spese liquidate in via giudiziale sono inferiori a quelle effettivamente sostenute dal dipendente provinciale per curare la propria difesa in giudizio, la disciplina provinciale garantisce il rimborso delle spese legali sostenute dal dipendente per la parte eccedente il quantum liquidato dal giudice, purche' debitamente documentate (cfr. art. 92, comma 4, della l.p. n. 12/1983); diversamente, quando le spese liquidate dal giudice sono superiori o uguali a quelle effettivamente sostenute dal dipendente, la Provincia procede al rimborso nella misura riconosciuta in sentenza». Da ultimo, in relazione alla conformita' della disciplina provinciale rispetto al dettato costituzionale, l'Amministrazione ha precisato «come il Governo non abbia mai sollevato alcuna questione di legittimita' costituzionale rispetto all'art. 92 della legge provinciale 29 aprile 1983, n. 12». (3) Permangono, in conclusione, le criticita' evidenziate, ritenendo che le disposizioni recate dall'art. 92 della l.p. 29 aprile 1983, n. 12 e dall'art. 18 della l.p. 27 agosto 1999, n. 3 eccedano dalle competenze statutarie, violando la competenza attribuita allo Stato in materia di ordinamento civile e giustizia amministrativa di cui all'art. 117, comma 2, lettera l) della Costituzione, e contrastando altresi' con i parametri costituzionali di cui agli articoli 3, 81, 97 e 119, comma 1, della Costituzione (cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 19 del 2014 (4) . Si dubita, pertanto, della legittimita' degli impegni assunti e dei pagamenti riferiti al capitolo di spesa n. 151750-003 (per un importo complessivo di euro 146.176,08), a titolo di rimborso delle spese legali relative a procedimenti contabili conclusi con provvedimento di archiviazione o definiti con sentenze di mero rito che escludevano il diritto dei convenuti al ristoro delle spese sostenute». La materia del rimborso delle spese legali ai dipendenti e agli amministratori appare riconducibile alla legislazione esclusiva dello Stato, ai sensi della lettera l) dell'art. 117, comma 2, della Costituzione, che individua il seguente ambito normativo: «giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa». Queste Sezioni riunite, nel giudizio di parifica del capitolo di spesa n. 151750-003, devono decidere dell'applicazione di norme di leggi provinciali, della cui legittimita' costituzionale si dubita. Qualora, infatti, fosse acclarata l'illegittimita' costituzionale delle norme provinciali sopra richiamate, rilevanti ai fini del bilancio provinciale, le corresponsioni dei relativi importi a dipendenti provinciali risulterebbero prive di copertura normativa sostanziale, con possibilita' di non parificare il relativo capitolo. Le indicate criticita' sono state rappresentate da queste Sezioni riunite alla Provincia autonoma di Trento anche nel corso dell'udienza camerale, svoltasi il 19 giugno 2019 con la partecipazione del procuratore regionale. La Procura, intervenendo nella predetta udienza camerale, ha chiesto all'Amministrazione chiarimenti al riguardo, sollevando perplessita' sulla legittimita' costituzionale delle ridette norme provinciali. Inoltre, la Procura, in data 27 giugno 2019, ha depositato memoria conclusionale, con cui ha chiesto di sollevare questione di legittimita' costituzionale dell'art. 92, commi 1, 3 e 5-ter della legge provinciale n. 12/1983 e dell'art. 18 della legge provinciale n. 3/1999, in relazione ai parametri costituzionali di cui agli articoli 81 e 117, comma 2, lettera l) della Costituzione. Nella pubblica udienza del 28 giugno 2019 si e' celebrato il giudizio di parificazione e il contraddittorio si e' svolto con l'intervento del magistrato relatore, della Procura regionale, che ha confermato oralmente le conclusioni scritte, e del Presidente della Giunta provinciale. Con la decisione n. 4/PARI/2019 di pari data e' stato parificato il rendiconto generale della Provincia autonoma di Trento per l'esercizio 2018, approvato dalla Giunta provinciale in data 19 aprile 2019 con deliberazione n. 516, ad eccezione, per quel che in questa sede rileva, del capitolo 151750-003 (per un importo complessivo di euro 146.176,08), sospendendo il giudizio di parifica al fine di sollevare pregiudizialmente questione di legittimita' costituzionale, in riferimento ai parametri stabiliti dagli articoli 3, 81, 97, 103, comma 2, 117, comma 2, lettera l) e 119, comma 1, della Costituzione, dell'art. 92 della legge provinciale 29 aprile 1983, n. 12 e s.m. e dell'art. 18 della legge provinciale 27 agosto 1999, n. 3 e s.m. Considerato in diritto 1. Il decreto del Presidente della Repubblica 15 luglio 1988, n. 305, recante «Norme di attuazione dello statuto speciale per la Regione Trentino-Alto Adige per l'istituzione delle sezioni di controllo della Corte dei conti di Trento e di Bolzano e per il personale ad esse addetto», dispone all'art. 10, comma 1, come cosi' sostituito dall'art. 1, comma 3, del decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 166 che «Il rendiconto generale della Regione e quello delle Province di Trento e di Bolzano sono parificati dalle Sezioni riunite nella Regione Trentino-Alto Adige, con un Collegio composto dalle Sezioni di controllo delle Province di Trento e di Bolzano in adunanza congiunta». Al giudizio di parificazione del rendiconto si applicano le disposizioni di cui all'art. 1, comma 5, del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito con modificazioni dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213, secondo cui «Il rendiconto generale della regione e' parificato dalla sezione regionale di controllo della Corte dei conti ai sensi degli articoli 39, 40 e 41 del t. u. di cui al regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214. Alla decisione di parifica e' allegata una relazione nella quale la Corte dei conti formula le sue osservazioni in merito alla legittimita' e alla regolarita' della gestione e propone le misure di correzione e gli interventi di riforma che ritiene necessari al fine, in particolare, di assicurare l'equilibrio del bilancio e di migliorare l'efficacia e l'efficienza della spesa. La decisione di parifica e la relazione sono trasmesse al presidente della giunta regionale e al consiglio regionale». Gli articoli del testo unico delle leggi sulla Corte dei conti richiamati si riferiscono alla parifica del rendiconto generale dello Stato e disciplinano la procedura del giudizio di parificazione (art. 40), il profilo contenutistico (art. 39) e la contestualizzazione dell'attivita' di parifica con una relazione sul rendiconto (art. 41). Nel corso del giudizio di parifica le Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, quali in questa speciale composizione le Sezioni riunite regionali, vale a dire il collegio composto dalle Sezioni di controllo delle Province di Trento e di Bolzano in adunanza congiunta, svolgono il ruolo di «garante imparziale dell'equilibrio economico-finanziario del settore pubblico che il legislatore ha attribuito alla Corte dei conti e che e' stato confermato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 60/2013, nella quale, in linea con la pregressa giurisprudenza, e' stato ribadito che «alla Corte dei conti e' attribuito il controllo sull'equilibrio economico-finanziario del complesso delle amministrazioni pubbliche a tutela dell'unita' economica della Repubblica, in riferimento a parametri costituzionali (articoli 81, 119 e 120 della Costituzione) e ai vincoli derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea (articoli 11 e 117, primo comma, della Costituzione)». Infatti, come puntualizza l'art. 1, comma 1, del citato decreto-legge n. 174/2012, con riferimento al giudizio di parifica, «al fine di rafforzare il coordinamento della finanza pubblica, in particolare tra i livelli di Governo statale e regionale, e di garantire il rispetto dei vincoli finanziari derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea, le disposizioni del presente articolo sono volte ad adeguare, ai sensi degli articoli 28, 81, 97, 100 e 119 della Costituzione, il controllo della Corte dei conti sulla gestione finanziaria delle regioni di cui all'art. 3, comma 5, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, e all'art. 7, comma 7, della legge 5 giugno 2003, n. 131, e successive modificazioni». 2. Nel corso dell'esame del conto del bilancio del rendiconto generale della Provincia autonoma di Trento per l'esercizio 2018, il magistrato istruttore si e' soffermato sulla verifica della spesa del personale, con particolare attenzione ai rimborsi delle spese legali ai dipendenti provinciali in occasione di giudizi civili, penali e contabili. Dalle risultanze contabili e' emerso che nel 2018 sono state pagate, a tale titolo, risorse per complessivi euro 188.145,75 sul Cap. 151750-003, di cui euro 146.176,08 riferito a procedimenti contabili archiviati ai sensi dell'art. 69 del Codice di giustizia contabile, approvato con decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174, nonche' a giudizi di responsabilita' amministrativo-contabile conclusi con pronunce di rito. 3. Sul quadro contabile cosi' descritto rilevano, in particolare, le summenzionate disposizioni della l.p. n. 12/1983 e s.m. e della l.p. n. 3/1999 e s.m. Queste Sezioni riunite dubitano della legittimita' costituzionale delle predette disposizioni, per contrasto con gli articoli 3, 81, 97, 103, comma 2, 117, comma 2, lettera l) e 119, comma 1 della Costituzione. Conseguentemente, le Sezioni riunite non hanno potuto parificare il capitolo di bilancio n. 151750-003, sul quale sono imputati i pagamenti per rimborsi delle spese legali sostenute dai dipendenti provinciali. Tuttavia, prima di illustrare la non manifesta infondatezza di tali dubbi, si ritiene necessario soffermarsi preliminarmente sulla legittimazione di questa Corte ad adire il giudice delle leggi, nonche' sulla rilevanza della questione nel giudizio in corso. 4. Per quanto riguarda la legittimazione delle Sezioni riunite per la Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol a sollevare questioni di legittimita' costituzionale in sede di parificazione del rendiconto, si osserva che questo giudizio si svolge con le formalita' della giurisdizione contenziosa, prevede la partecipazione del Procuratore regionale in contraddittorio con i rappresentanti dell'Amministrazione e si conclude con una pronunzia adottata in esito a pubblica udienza, sicche' la consolidata giurisprudenza della Corte costituzionale (ex multis sentenze nn. 213/2008, 196/2018, 138/2019, 146/2019) ha riconosciuto «alla Corte dei conti, in sede di giudizio di parificazione del bilancio, la legittimazione a promuovere, in riferimento all'art. 81 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale, avverso tutte quelle disposizioni di legge che determinino effetti modificativi dell'articolazione del bilancio per il fatto stesso di incidere, in senso globale, sulle unita' elementari, vale a dire sui capitoli, con riflessi sugli equilibri di gestione, disegnati con il sistema dei risultati differenziali» (sentenza n. 213/2008). Di recente, con la sentenza n. 138/2019, la Corte costituzionale ha ribadito quanto segue: «Per quanto concerne la Corte dei conti, plurime pronunce di questa Corte ne hanno riconosciuto la legittimazione a sollevare questioni di costituzionalita' nel corso del giudizio di parificazione (sentenze n. 196 del 2018, n. 181 del 2015, n. 213 del 2008, n. 121 del 1966 e n. 165 del 1963). Coerentemente con la natura di tale specifica funzione, la legittimazione della Corte dei conti in sede di giudizio di parificazione e' stata costantemente riconosciuta con riferimento ai parametri costituzionali posti a tutela degli equilibri di bilancio e della sana gestione finanziaria». Ancora, a breve distanza temporale, con la sentenza n. 146/2019 questo Ecc.mo Giudice ha statuito che «...occorre riconoscere la legittimazione della Corte dei conti, sezione regionale di controllo, in sede di giudizio di parificazione del rendiconto regionale a sollevare questioni di legittimita' costituzionale in riferimento all'art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, oltre che agli articoli 81 e 97, primo comma, della Costituzione». 5. Se, pertanto, appare indubbia la legittimazione di questa Corte a sollevare questioni di legittimita' costituzionale, rilevante e' l'individuazione dei parametri costituzionali che possono fungere da riferimento per l'impugnazione delle norme incidenti sul giudizio di parifica. La risalente giurisprudenza costituzionale ha riconosciuto la legittimazione al ricorso per contrasto con l'art. 81 della Costituzione delle norme sospette di illegittimita' costituzionale. Il Giudice delle leggi, dopo aver premesso che la Corte dei conti svolge «una funzione di garanzia dell'ordinamento», di «controllo esterno, rigorosamente neutrale e disinteressato preordinato a tutela del diritto oggettivo, ha affermato che «tali caratteri costituiscono indubbio fondamento della legittimazione della Corte dei conti a sollevare questioni di costituzionalita' limitatamente a profili attinenti alla copertura finanziaria di leggi di spesa, perche' il riconoscimento della relativa legittimazione, legata alla specificita' dei suoi compiti nel quadro della finanza pubblica, si giustifica anche con l'esigenza di ammettere al sindacato costituzionale leggi che, come nella fattispecie in esame, piu' difficilmente verrebbero per altra via, ad essa sottoposte» (sentenza n. 226/1976). Proprio in relazione a queste ipotesi la Corte costituzionale ha auspicato (sent. n. 406/1989) che, quando l'accesso al suo sindacato sia reso poco agevole, come accade in relazione ai profili attinenti all'osservanza dell'art. 81 della Costituzione, i meccanismi di accesso debbano essere arricchiti sostenendo, quindi, che la Corte dei conti e' la sede piu' adatta a far valere quei profili essenzialmente finalizzati alla verifica della gestione delle risorse finanziarie, e cio' in ragione della peculiare natura delle sue attribuzioni costituzionali (sentenza n. 384/1991). Peraltro, il parametro di cui all'art. 81 della Costituzione deve oggi essere attentamente modulato in considerazione della nuova formulazione del precetto costituzionale, come modificato dalla legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1. L'art. 81, nella parte in cui introduce il concetto di equilibrio del bilancio, riconosce rilevanza primaria a un principio, immanente nell'ordinamento finanziario delle amministrazioni pubbliche, consistente nella «continua ricerca di un armonico e simmetrico bilanciamento tra risorse disponibili e spese necessarie per il perseguimento delle finalita' pubbliche» (sentenze n. 70/2012, n. 115/2012, n. 250/2013 e n. 266/2013). Il valore dell'equilibrio dei bilanci presenti e futuri deve essere declinato non secondo una visione statica, cristallizzata con esclusivo riferimento al momento temporale dell'esame del singolo rendiconto, bensi' in una dimensione dinamica e prospettica, in modo assolutamente coerente ed integrato, secondo esigenze meritevoli di disciplina uniforme sull'intero territorio nazionale, attraverso altri parametri costituzionali, quali gli articoli 3, 97, 117, comma 2, lettera l) e 119, comma 1, della Costituzione, venendo ad assumere consistenza di vera e propria «clausola generale in grado di colpire direttamente tutti gli enunciati normativi causa di effetti perturbanti la sana gestione finanziaria e contabile» (sentenza n. 192/2012; in tal senso anche sentenza n. 184/2016 e n. 274/2017). D'altra parte, il principio di sana gestione finanziaria richiede un atteggiamento prudenziale del legislatore regionale/provinciale, evitando di costruire gli equilibri del bilancio sulla base di poste prive di una legittima copertura legislativa, con le possibili ripercussioni negli esercizi futuri sulla sana gestione finanziaria e contabile dell'ente pubblico. In altri termini, sarebbe irragionevole una lettura restrittiva del valore costituzionalmente protetto dell'equilibrio presente e futuro del bilancio, nel senso di valutare la legittimita' costituzionale di norme, solo nella misura in cui impattano su un risultato negativo della gestione finanziaria dell'ente pubblico, e non anche quando, pur in presenza di un saldo positivo, incidono comunque sul dato quantitativo dell'equilibrio attuale e, in una prospettiva futura, potrebbero comportare anche una variazione del segno di detto risultato differenziale, per effetto delle molteplici e non prevedibili variabili del ciclo economico. Tali considerazioni sono rinvenibili nelle recenti sentenze della Corte costituzionale n. 196/2018 e n. 138/2019, nelle quali e' stato specificato che «La legittimazione della Corte dei conti in sede di giudizio di parificazione [...] e' stata riconosciuta con riferimento ai parametri costituzionali posti a tutela degli equilibri economico finanziari. A essi vanno ora accostati [...] i parametri attributivi di competenza legislativa esclusiva allo Stato, poiche' in tali casi la Regione manca per definizione della prerogativa di allocare risorse. Pertanto, entro tali materie, non vi e' intervento regionale produttivo di spesa che non si traduca immediatamente nell'alterazione dei criteri dettati dall'ordinamento ai fini della sana gestione della finanza pubblica allargata. La legislazione impugnata, che destina nuove risorse senza che peraltro siano ravvisabili diretti controinteressati, non potrebbe agevolmente essere sottoposta al giudizio di questa Corte per altra via che non sia il giudizio di parificazione. L'esigenza di fugare zone d'ombra nel controllo di costituzionalita', affermata da questa Corte quale tratto costitutivo del sistema di giustizia costituzionale, e' tale da riflettersi sui criteri di valutazione dei requisiti di ammissibilita' delle questioni [...]» (Corte costituzionale, sentenza n. 196/2018) e che «L'avanzo di amministrazione [...] non puo' essere inteso come una sorta di utile di esercizio, il cui impiego sarebbe nell'assoluta discrezionalita' dell'amministrazione. Anzi, l'avanzo di amministrazione «libero» delle autonomie territoriali e' soggetto a un impiego tipizzato, in cui non rientrano dazioni [...] non contemplate dalla legge» (Corte costituzionale, sentenza n. 138/2019). Ancora, nella recente sentenza n. 146/2019 codesta Ecc.ma Corte ha ulteriormente precisato che «Nel caso ora all'esame di questa Corte si discute di norme regionali istitutive di fondi che il rimettente ritiene alimentati con risorse ulteriori e diverse rispetto a quelle tassativamente previste dai contratti collettivi nazionali, in contrasto con l'attribuzione che il legislatore statale, titolare della competenza legislativa esclusiva nella materia «ordinamento civile», opera alla contrattazione collettiva nazionale di comparto, per la determinazione e l'assegnazione delle risorse destinate al trattamento accessorio dei dipendenti pubblici. L'effetto ineludibile di una tale scelta si riverbera in una espansione della spesa per il personale, in violazione dei «beni-valori» della contabilita' pubblica tutelati dagli articoli 81 e 97, primo comma, Cost. L'art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, inerente alla competenza statale esclusiva in materia di «ordinamento civile», e' evocato in stretta connessione funzionale con l'art. 81 della Costituzione e con l'art. 97, primo comma, della Costituzione, peraltro in riferimento a entrambe le norme censurate. [...]. La violazione della competenza legislativa esclusiva statale in tema di disciplina del trattamento accessorio del personale regionale ridonderebbe in una lesione dell'equilibrio di bilancio e della sana gestione finanziaria, ai sensi degli articoli 97, primo comma, e 81 della Costituzione. Sono questi i valori alla cui tutela e' preordinata la Corte dei conti, cui spetta accertare tutte le «irregolarita'» poste in essere dagli enti territoriali suscettibili di pregiudicarli, secondo quanto stabilito dall'art. 1, comma 3, del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, recante «Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali nonche' ulteriori disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio 2012», convertito, con modificazioni, in legge 7 dicembre 2012, n. 213 (sentenze n. 18 del 2019 e n. 196 del 2018)». 6. Non puo', d'altra parte, non rimarcarsi l'onere finanziario derivante da siffatte disposizioni, che possono innescare una dinamica espansiva della spesa corrente, tenuto conto che gli importi impegnati per rimborso delle spese legali hanno assunto negli anni valori significativi. Il solo precetto di cui all'art. 81 della Costituzione non e' quindi piu' di per se' sufficiente a garantire la tenuta degli equilibri finanziari, da considerarsi anche in prospettiva futura, ed il rispetto dei principi che regolano la gestione delle risorse pubbliche, come ormai acclarato dalla giurisprudenza della Corte costituzionale. Infine, questo Collegio ribadisce che il giudizio di parificazione, allo stato della legislazione vigente, e' l'unica possibilita' offerta dall'ordinamento per sottoporre a scrutinio di costituzionalita' in via incidentale, in riferimento ai principi costituzionali in materia di finanza pubblica, le disposizioni legislative che, incidendo sui singoli capitoli, modificano l'articolazione del bilancio e ne possono alterare gli equilibri complessivi. Conseguentemente, ove si escludesse la legittimazione di questa Corte a sollevare questioni di costituzionalita' in riferimento ai parametri sopra individuati, si verrebbe a creare, di fatto, una sorta di spazio legislativo immune dal controllo di costituzionalita' attivabile in via incidentale, laddove la giurisprudenza costituzionale ha riconosciuto la legittimazione della Sezione di controllo a sollevare questioni di legittimita' costituzionale anche in relazione all'esigenza di assicurare al sindacato della Corte costituzionale leggi provinciali che, come nella fattispecie in esame, piu' difficilmente verrebbero, per altra via, ad essa sottoposte (Corte costituzionale sentenza n. 226/1976). Per un'ulteriore conferma di tale approdo interpretativo, si richiama ancora una volta la recente sentenza di questa Ecc.ma Corte n. 146/2019, ove e' stato affermato quanto segue: «Anche nel caso ora in esame la legislazione censurata, «che destina nuove risorse senza e che [...] siano ravvisabili diretti controinteressati, non potrebbe agevolmente essere sottoposti al giudizio di questa Corte per altra via che non sia il giudizio di parificazione» (sentenza n. 196 del 2018, par. 2.1.2. del Considerato in diritto). L'esigenza di fugare zone d'ombra nel controllo di costituzionalita', affermata da questa Corte quale tratto costitutivo del sistema di giustizia costituzionale, con particolare riguardo alla specificita' dei compiti assegnati alla Corte dei conti nel quadro della finanza pubblica (sentenza n. 18 del 2019), e' tale da riflettersi, anche ai limitati fini del caso di cui qui si discute, sui criteri di valutazione dei requisiti di ammissibilita' delle questioni». Ritengono, pertanto, queste Sezioni riunite di essere legittimate a sollevare questioni di legittimita' costituzionale, non solo con riferimento all'art. 81 della Costituzione, ma anche con riferimento, nel caso di specie, agli articoli 3, 97, 103, comma 2, 117, comma 2, lettera l) e 119, comma 1, della Costituzione evidenziando pur sempre tali violazioni dei precetti costituzionali un'ineludibile ridondanza sugli equilibri di bilancio (Corte costituzionale, sentenze n. 196/2018, n. 18/2019, n. 138/2019, n. 146/2019). 7. La questione di costituzionalita' che si intende sollevare e' rilevante nel presente giudizio. Come disposto dall'art. 39 del testo unico delle leggi sulla Corte dei conti (regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214), al quale l'art. 1, comma 5, del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174 rinvia, l'oggetto del giudizio di parifica e' il seguente: «La Corte verifica il rendiconto generale dello Stato e ne confronta i risultati tanto per le entrate, quanto per le spese, ponendoli a riscontro con le leggi del bilancio. A tale effetto verifica se le entrate riscosse e versate ed i resti da riscuotere e da versare risultanti dal rendiconto, siano conformi ai dati esposti nei conti periodici e nei riassunti generali trasmessi alla Corte dai singoli ministeri; se le spese ordinate e pagate durante l'esercizio concordino con le scritture tenute o controllate dalla Corte ed accerta i residui passivi in base alle dimostrazioni allegate ai decreti ministeriali di impegno ed alle proprie scritture. La Corte con eguali accertamenti verifica i rendiconti, allegati al rendiconto generale, delle aziende, gestioni ed amministrazioni statali con ordinamento autonomo soggette al suo riscontro». Come e' gia' stato evidenziato, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 213/2008, ha affermato la legittimazione della Corte dei conti in sede di giudizio di parificazione a sollevare questione di legittimita' costituzionale «avverso tutte quelle disposizioni di legge che determinino effetti modificativi dell'articolazione del bilancio per il fatto stesso di incidere, in senso globale, sulle unita' elementari, vale a dire sui capitoli, con riflessi sugli equilibri di gestione, disegnati con il sistema dei risultati differenziali». Nel caso di specie, le norme di cui si sospetta l'illegittimita' costituzionale incidono sull'articolazione della spesa e sul quantum della stessa, determinandone un effetto espansivo, anche in prospettiva futura. Difatti, nel momento in cui queste Sezioni riunite, nell'ambito del giudizio di parifica, devono prendere in esame il capitolo destinato al rimborso delle spese legali ai dipendenti ed amministratori provinciali, dovrebbero dare applicazione a norme provinciali della cui legittimita' costituzionale si dubita. Pertanto, vi sarebbe una copertura della spesa meramente formale, ma non sostanziale. Qualora fosse acclarata l'illegittimita' costituzionale di una norma che rileva ai fini del bilancio provinciale, le spese sostenute per la corresponsione di dette somme sarebbero prive di copertura sostanziale, con conseguente violazione del precetto costituzionale di cui all'art. 81, comma 4 (oggi comma 3), della Costituzione. D'altro canto, nella fattispecie de qua la parifica del capitolo di bilancio n. 151750-003, per l'importo di euro 146.176,08, e' incisa dalle contestate leggi provinciali, che recano norme di autorizzazione dei relativi impegni e pagamenti, con inferente evidenza della rilevanza nel presente giudizio della questione di costituzionalita' che si intende sollevare. Alla luce delle suesposte considerazioni, nella vigenza di dette leggi provinciali, queste Sezioni riunite dovrebbero parificare il rendiconto della Provincia autonoma di Trento e, in particolare, la posta di bilancio (euro 146.176,08) afferente al rimborso delle spese legali ai dipendenti ed amministratori provinciali coinvolti in procedimenti contabili conclusi con l'archiviazione o con pronunce di rito, ontologicamente differenti dall'assoluzione. Pertanto, la verifica della spesa del personale nell'ambito del giudizio di parifica, con riferimento alle fattispecie evidenziate, consente a queste Sezioni riunite di ergersi garante imparziale dell'equilibrio economico-finanziario attuale e prospettico del settore pubblico che il legislatore ha attribuito alla Corte dei conti. In tal senso, si giustifica una parifica parziale con esclusione, quindi, della posta di spesa esaminata. Nella fattispecie de qua, la parifica del capitolo di spesa n. 151750-003 comporta l'applicazione dell'art. 92 della l.p. n. 12/1983 e s.m. e dell'art. 18 della l.p. n. 3/1999 e s.m. Ne deriva, in ordine al requisito della rilevanza, che queste Sezioni riunite, se non dubitassero della legittimita' costituzionale delle citate disposizioni provinciali, dovrebbero necessariamente parificare il summenzionato capitolo di bilancio, con riferimento al contestato importo di euro 146.176,08, che costituisce una spesa sostenuta dalla Provincia autonoma di Trento in applicazione di norme provinciali in chiaro contrasto con il dettato costituzionale e con la disciplina nazionale. Non appare tantomeno percorribile un'interpretazione costituzionalmente orientata delle ridette disposizioni provinciali, atteso l'inequivocabile contenuto delle stesse, che non lascia spazi a differenti possibili interpretazioni e ad un'attivita' di applicazione conformativa al testo costituzionale. Questo Collegio ritiene, pertanto, di non poter applicare norme provinciali di cui si sospetta l'illegittimita' costituzionale e, conseguentemente, di non poter parificare il capitolo di spesa richiamato per l'ammontare di euro 146.176,08. Diversamente opinando, queste Sezioni riunite della Corte dei conti, se avessero parificato il capitolo di cui trattasi, in applicazione delle norme censurate, si sarebbero trovate nella condizione di validare un risultato di amministrazione non corretto, relativo a una spesa ritenuta illegittima, tradendo la propria missione istituzionale di accertare eventuali «irregolarita' suscettibili di pregiudicare, anche in prospettiva, gli equilibri economico-finanziari degli enti» ex art. 1, comma 3, del decreto-legge n. 174 del 2012 (in tal senso si veda Corte costituzionale n. 146/2019). Appare, pertanto, rilevante (e non manifestamente infondata, come si vedra' al punto seguente), la questione di legittimita' costituzionale sollevata in rapporto agli articoli 3, 81, 97, 103, comma 2, 117, comma 2, lettera l) e 119, comma 1, della Costituzione. 8. Quanto alla non manifesta infondatezza, queste Sezioni riunite dubitano, innanzitutto, della legittimita' costituzionale delle norme provinciali citate per contrasto con l'art. 3 e con l'art. 117, comma 2, lettera l), della Costituzione. Gia' con la sentenza n. 19/2014, la Corte costituzionale, pronunciandosi su una legge della Provincia autonoma di Bolzano che disciplinava i presupposti per il rimborso delle spese legali ai dipendenti provinciali, consentendo la disapplicazione di un'eventuale statuizione di compensazione delle spese processuali, ha statuito che le censure di costituzionalita' prospettate dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, «sono fondate, in considerazione della medesima surrichiamata giurisprudenza di questa Corte relativa al riparto delle competenze in materia di responsabilita' amministrativa, poiche' [...] incidendo sulla materia «ordinamento civile» e «giustizia amministrativa», si disciplina, peraltro in senso difforme dalla normativa statale, il regime delle condizioni alla presenza delle quali le spese legali sostenute dai soggetti sottoposti al giudizio della Corte dei conti sono rimborsate dall'amministrazione di appartenenza, eccedendo dalle competenze statutarie». Le medesime considerazioni possono ripetersi anche con riferimento alle norme di cui all'art. 92 della l.p. di Trento n. 12/1983 e s.m. e all'art. 18 della l.p. di Trento n. 3/1999 e s.m., in quanto contrastanti con l'ordinamento della giurisdizione contabile nella parte in cui autorizzano rimborso delle spese legali a favore di dipendenti ed amministratori in difformita' di quanto prescritto dalla normativa nazionale. Invero, la disciplina provinciale, come di seguito meglio esposto, dispone in linea generale la rifusione delle spese legali a carico del bilancio provinciale in tutti i procedimenti contabili conclusi senza sentenza di condanna (includendo, tra l'altro, anche archiviazioni preprocessuali e sentenze di rito) e procedimenti penali definiti ex art. 531 del codice di procedura penale a seguito di estinzione del reato per prescrizione o amnistia, laddove la disciplina statale consente la rifusione delle spese di giudizio solo in caso di sentenza di piena assoluzione nel merito. 9. Occorre, preliminarmente, escludere che la materia del rimborso delle spese legali sia riconducibile alle competenze legislative della Provincia autonoma di Trento. Il rimborso delle spese legali ai dipendenti che, in conseguenza di fatti ed atti connessi all'espletamento del servizio e dei compiti d'ufficio, siano soggetti a procedimenti di responsabilita' civile, penale o amministrativa, e' una componente dello stato giuridico ed economico del personale della pubblica amministrazione («ordinamento civile») e interferisce con la disciplina della giurisdizione e giustizia, penale e amministrativa (rectius contabile). La Provincia autonoma di Trento e' titolare della potesta' legislativa primaria e secondaria nelle materie di cui agli articoli 8 e 9 dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige/Südtirol (decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670), ed in particolare in quella di «ordinamento degli uffici provinciali e del personale ad essi addetto». Con precipuo riferimento a questo ambito della competenza statutaria, la Corte costituzionale ha, con la recente sentenza n. 62/2019, ribadito la necessita' di distinguere i profili normativi relativi al rapporto di lavoro da quelli organizzativi. In particolare, il Giudice delle leggi ha ancora una volta affermato che la disciplina del lavoro pubblico contrattualizzato (come nel caso di specie), essendo interesse collettivo, necessita di una regolamentazione uniforme sul territorio nazionale ed e' attratta dall'ordinamento civile ai sensi dell'art. 117, comma 2, lettera l), della Costituzione. E' ben noto, per essere stato anche piu' volte riaffermato da codesta Ecc.ma Corte (cfr. Corte costituzionale, n. 151/2010 con riferimento ad altra regione a statuto speciale) che la disciplina del rapporto di lavoro del dipendente pubblico, anche regionale - ora contrattualizzato - rientra appunto nella materia dell'ordinamento civile. Detta disciplina, ad evitare ingiustificate disparita' di trattamento tra i dipendenti di diversi soggetti pubblici datoriali, deve essere «uniforme sul territorio nazionale e imporsi anche alle regioni a statuto speciale» (Corte costituzionale, sentenza cit.). Al riguardo, anche con la sentenza n. 138/2019 di questo giudice e' stato ricordato come, «a seguito della privatizzazione del pubblico impiego, la disciplina del trattamento giuridico ed economico dei dipendenti pubblici - tra i quali, ai sensi dell'art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), sono ricompresi anche i dipendenti delle regioni - compete unicamente al legislatore statale, rientrando nella materia 'ordinamento civile' (ex multis, sentenze n. 72 del 2017; n. 257 del 2016; n. 180 del 2015; n. 269, n. 211 e n. 17 del 2014)» (sentenza n. 175 del 2017 e sentenza n. 196 del 2018)». Ad avviso di questo remittente, pertanto, le disposizioni delle leggi provinciali censurate violerebbero l'art. 117, comma 2, lettera l), della Costituzione, che riserva allo Stato la materia dell'ordinamento civile e, quindi, la disciplina dei rapporti di pubblico impiego privatizzato regolati dalla contrattazione collettiva. Appare altresi' utile citare la sentenza n. 81/2017 della Corte costituzionale, chiamata a pronunciarsi su una peculiare norma regionale del Veneto, che aveva istituito un fondo per il patrocinio legale gratuito agli addetti delle polizie locali e delle Forze dell'ordine operanti nel territorio regionale, destinatari di procedimenti legali nell'esercizio delle proprie funzioni. Codesta Ecc.ma Corte ha cosi' statuito: «secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, per effetto della privatizzazione del rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, la regolamentazione dello stesso concerne una materia attinente all'ordinamento civile, attratta nella competenza esclusiva dello Stato. La disciplina del rapporto di lavoro e' infatti contraddistinta dal concorso della fonte legislativa statale (le previsioni imperative del decreto legislativo n. 165 del 2001) e della contrattazione collettiva (art. 2 del decreto legislativo n. 165 del 2001), «alla quale, in forza della legge statale, e' attribuita una potesta' regolamentare di ampia latitudine» (tra le piu' recenti, sentenza n. 175 del 2016; nello stesso senso, sentenza n. 180 del 2015). Il «patrocinio legale gratuito» del personale degli enti locali, per fatti ed atti connessi all'espletamento del servizio ed all'adempimento dei compiti d'ufficio, in procedimenti di responsabilita' civile o penale, costituisce un aspetto del rapporto di lavoro [...] Tale patrocinio e' disciplinato dai contratti collettivi nazionali di lavoro del comparto regioni ed autonomie locali - sia per i non dirigenti (art. 28 del Contratto collettivo nazionale di lavoro per il personale del comparto delle Regioni e delle autonomie locali del 14 settembre 2000), sia per i dirigenti (art. 12 del Contratto collettivo nazionale di lavoro dell'area della dirigenza del comparto delle Regioni e delle autonomie locali del 12 febbraio 2002) -, i quali stabiliscono presupposti e modalita' dell'assunzione dell'onere delle spese di difesa a carico degli enti alle cui dipendenze e' prestata l'attivita' lavorativa. La sicura inerenza di detto patrocinio alla regolamentazione del rapporto di lavoro impone dunque di affermare che la norma impugnata reca prescrizioni concernenti la materia «ordinamento civile». [...]. La norma in esame e' dunque costituzionalmente illegittima, poiche' viola la sfera di competenza legislativa esclusiva dello Stato nella materia «ordinamento civile» (art. 117, secondo comma, lettera l, della Costituzione)». Alla stregua di quanto appena esposto, neppure le particolari prerogative autonomistiche riconosciute dallo statuto e dalle relative norme di attuazione (in particolare il decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266) consentono di superare o derogare la competenza esclusiva dello Stato nella materia in esame (ordinamento civile), come peraltro gia' evidenziato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 61/2014. La regolamentazione del rimborso delle spese legali e' chiaramente riconducibile, quindi, ad un ambito materiale di esclusiva competenza statale - peraltro di carattere trasversale, che fa riferimento ad una pluralita' di interessi e valori - in cui la Provincia non puo' emanare alcuna normativa, neanche meramente riproduttiva di quella statale. 10. D'altro canto, occorre altresi' considerare che l'art. 4 dello statuto di autonomia, nell'individuare i limiti alla potesta' legislativa delle province autonome, precisa quanto segue: «In armonia con la Costituzione e i principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica e con il rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali - tra i quali e' compreso quello della tutela delle minoranze linguistiche locali - nonche' delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica, la Regione ha la potesta' di emanare norme legislative nelle seguenti materie: 1) ordinamento degli uffici regionali e del personale ad essi addetto». I principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica in materia di rimborso delle spese legali, cristallizzati nella legislazione statale come interpretata dalla consolidata giurisprudenza, che si avra' modo di approfondire, consentono di autorizzare il rimborso delle spese legali unicamente in presenza di una sentenza che escluda definitivamente la responsabilita' del dipendente. E', pertanto, interesse nazionale che tale peculiare disciplina, anche in ragione di prevalenti esigenze di tutela del pubblico erario, sia uniforme su tutto il territorio, a garanzia dell'unita' giuridica ed economica della Repubblica (art. 120 della Costituzione). 11. Alla stregua di quanto appena esposto, le disposizioni recate dall'art. 92 della l.p. n. 12/1983 e s.m. e dall'art. 18 della l.p. n. 3/1999 e s.m. violano l'art. 117, comma 2, lettera l), della Costituzione, perche', individuando e definendo i presupposti per il rimborso delle spese legali in modo assolutamente antitetico rispetto alla normativa nazionale, invadono la sfera riservata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, in quanto inerente, sotto il profilo sia sostanziale sia processuale, alla giurisdizione e alle norme processuali, all'ordinamento civile e alla giustizia amministrativa, nella quale e' ricompresa la giustizia contabile. Prima di soffermarsi specificatamente sui singoli profili di illegittimita' costituzionale, ulteriori rispetto a quanto gia' rappresentato, occorre, per maggiore chiarezza espositiva, confrontare le due disposizioni provinciali prima ricordate con la normativa nazionale, al fine di rendere ictu oculi evidente il superamento dei limiti posti dalla normativa statale di riferimento. 12. Appare, quindi, opportuno soffermarsi sulla disamina della normativa statale concernente il rimborso delle spese legali e della relativa giurisprudenza formatasi negli anni. Il primo intervento normativo di rilievo e' rappresentato dal decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 543, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 639 del 20 dicembre 1996, il cui art. 3, comma 2-bis, cosi' dispone: «In caso di definitivo proscioglimento ai sensi di quanto previsto dal comma 1 dell' art. 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, come modificato dal comma 1 del presente articolo, le spese legali sostenute dai soggetti sottoposti al giudizio della Corte dei conti sono rimborsate dall'amministrazione di appartenenza». Con successivo decreto-legge 25 marzo 1997, n. 67, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 1997, n. 135, il legislatore nazionale ha previsto con l'art. 18, comma 1, primo periodo, quanto segue: «Le spese legali relative a giudizi per responsabilita' civile, penale e amministrativa, promossi nei confronti di dipendenti di amministrazioni statali in conseguenza di fatti ed atti connessi con l'espletamento del servizio o con l'assolvimento di obblighi istituzionali e conclusi con sentenza o provvedimento che escluda la loro responsabilita', sono rimborsate dalle amministrazioni di appartenenza nei limiti riconosciuti congrui dall'Avvocatura dello Stato». In seguito e' intervenuto l'art. 10-bis, comma 10, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, nel testo convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, secondo cui «Le disposizioni dell'art. 3, comma 2-bis, del decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 543, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 dicembre 1996, n. 639, e dell'art. 18, comma 1, del decreto-legge 25 marzo 1997, n. 67, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 1997, n. 135, si interpretano nel senso che il giudice contabile, in caso di proscioglimento nel merito, e con la sentenza che definisce giudizio, ai sensi e con le modalita' di cui all' art. 91 del codice di procedura civile, liquida l'ammontare degli onorari e diritti spettanti alla difesa del prosciolto, fermo restando il parere di congruita' dell'Avvocatura dello Stato da esprimere sulle richieste di rimborso avanzate all'amministrazione di appartenenza». Da ultimo, il nuovo codice di giustizia contabile, approvato con il decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174, ha disciplinato la liquidazione delle spese processuali da parte del giudice contabile con l'art. 31, comma 2, che cosi' recita: «2. Con la sentenza che esclude definitivamente la responsabilita' amministrativa per accertata insussistenza del danno, ovvero, della violazione di obblighi di servizio, del nesso di causalita', del dolo o della colpa grave, il giudice non puo' disporre la compensazione delle spese del giudizio e liquida, a carico dell'amministrazione di appartenenza, l' ammontare degli onorari e dei diritti spettanti alla difesa». Come da alcuni commentatori osservato, tra l'altro, il summenzionato art. 31 del codice di giustizia contabile, in disparte ogni disquisizione sul carattere innovativo di detta norma e l'eventuale abrogazione tacita delle disposizioni prima citate, non usa piu' la locuzione «in caso di proscioglimento nel merito», ma richiede quale presupposto per la liquidazione delle spese legali, con espressione piu' specifica e stringente, «la sentenza che esclude definitivamente la responsabilita' amministrativa per accertata insussistenza del danno, ovvero, della violazione di obblighi di servizio, del nesso di causalita', del dolo o della colpa grave». D'altra parte, la non spettanza del rimborso delle spese legali in assenza di una esclusione piena e definitiva nel merito della responsabilita' amministrativa e' ribadita anche dall'art. 110, comma 7, del c.g.c., in base al quale: «La declaratoria di estinzione del processo [anche in caso di adesione del pubblico ministero contabile] non da' luogo a pronuncia sulle spese». Dall'insieme delle disposizioni appena elencate emerge, con assoluta chiarezza, che per il legislatore nazionale il rimborso delle spese legali da parte delle amministrazioni e' ammesso esclusivamente in presenza di un accertamento definitivo nel merito della insussistenza degli elementi costitutivi della responsabilita' amministrativa. La giurisprudenza ha, peraltro, puntualizzato che le singole e limitate ipotesi espresse dall'ordinamento nazionale con riferimento al di rimborso delle spese legali sono indicative della specificita' del beneficio, e non gia' della generalita' dello stesso (Cons. di Stato, Sez. IV, 26 novembre 2009, n. 7439). Ne segue che dette disposizioni sono «insuscettibili di interpretazione estensiva. Inoltre, trattasi di norme di rango primario dotate di imperativita', comportando esse oneri gravanti sui pubblici bilanci e connessi ad un procedimento giurisdizionale» (Corte dei conti, Sez. Marche, 20 agosto 2009, n. 236). Coerentemente con la comune e inequivoca ratio sottesa all'ordito normativo, e' stato ritenuto «non superabile», ai fini dei rimborsi in questione, «il limite costituito dal positivo e definitivo accertamento della mancanza di responsabilita' dei soggetti che hanno sostenuto le spese legali», poiche' non sussiste valida ragione giuridica per cui l'amministrazione «dovrebbe farsi carico di spese sostenute dagli interessati, derivanti da vicende a loro imputabili» (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza n. 2242/2000). Alla stregua di detti principi la Corte dei conti a sezioni riunite, con la sentenza n. 3/2008, ha potuto, pertanto, in modo limpido cosi' affermare: «Ne consegue che quando vi sia stato solamente un riconoscimento della prescrizione del diritto al risarcimento del danno (art. 1 comma 2 della legge n. 20/1994), non risulta possibile alcun rimborso delle spese legali sostenute dal convenuto. Questa interpretazione del comma 2-bis dell'art. 3 del decreto-legge n. 543/1996, richiesta dalla sua formulazione letterale, risulta peraltro coerente con la diversita' delle fattispecie e con la ratio dei rimborsi in questione: la situazione del soggetto del quale e' stata positivamente accertata l'assenza di un'effettiva responsabilita' per danno erariale - e quindi di un concreto conflitto di interessi con l'amministrazione - non e' infatti assimilabile a quella di chi ha invece di fatto liberamente impedito un tale accertamento proponendo un'eccezione di prescrizione». E ancora, con riferimento all'art. 18 del decreto-legge n. 67/1997, e' stato aggiunto: «puo' dirsi che la decisione che "escluda" la responsabilita' e' diversa da una decisione che riconosca invece di non poter ne' "escludere" ne' "accertare" la responsabilita', in ragione della prescrizione dell'azione di responsabilita'». Le Sezioni riunite hanno, quindi, concluso con la enunciazione del seguente principio di diritto: «viene confermato e ribadito che le sentenze favorevoli al soggetto chiamato in giudizio, ma senza alcun accertamento, "nel merito", dell'insussistenza dei presupposti della responsabilita' amministrativa - danno, nesso di causalita', dolo o colpa grave - non comportano un diritto del convenuto al rimborso delle spese legali sostenute e non comportano nemmeno per conseguenza, un obbligo di liquidazione delle spese stesse da parte del giudice contabile. Analogamente, nel processo penale, ai fini del rimborso delle spese legali sostenute dai dipendenti di amministrazioni pubbliche, e' necessaria una «sentenza o provvedimento che escluda la loro responsabilita'» (art. 18 del citato decreto-legge n. 67/1997). E' evidente che il riferimento ad un provvedimento di esclusione della responsabilita' condiziona la rimborsabilita' delle spese legali ad un accertamento positivo e nel merito dell'assenza di responsabilita'. E tale non e' un'assoluzione per estinzione del reato dovuta a prescrizione o amnistia in quanto non contiene alcuna valutazione assolutoria nel merito (ex multis, Sezione giurisdizionale Piemonte, sentenza n. 179/2019). Pertanto, appare chiaro che a livello nazionale sussiste il consolidato principio per cui il rimborso delle spese legali spettanti ai dipendenti e' da sempre condizionato dall'esistenza di una sentenza che, definendo il giudizio, pronuncia il proscioglimento nel merito con espressa esclusione di responsabilita' amministrativa. Di qui la chiara posizione espressa dalla giurisprudenza contabile, secondo cui non spetta «alcun rimborso in caso di proscioglimento dovuto ad amnistia» cosi' come neanche nei casi di «prescrizione, patteggiamento o oblazione in quanto istituti riconducibili ad un atto di volonta' dell'interessato che avrebbe anche potuto rinunciare ad essi» (Sez. controllo Veneto, deliberazione n. 334/2013/PAR). 13. Parimenti e' stato escluso dal novero dei possibili beneficiari dei rimborsi delle spese legali il soggetto destinatario di invito a dedurre, in caso di archiviazione disposta dal pubblico ministero contabile ai sensi dell'art. 69 del codice di giustizia contabile, difettando il requisito del definitivo proscioglimento di soggetto sottoposto a giudizio. In tal senso, e' stata bene evidenziata la «non assimilabilita' [...] dell'archiviazione disposta dal pubblico ministero contabile (nell'esercizio di una funzione che ne evidenzia il connotato pre-processuale) all'archiviazione, decisa, invece in sede penale da un Giudice terzo - il Giudice per indagini preliminari - al termine della fase istruttoria nell'esercizio proprio dello ius dicere; [...] Infatti, l'intera attivita' posta in essere prima della citazione attiene ad una fase pre-processuale e non ha carattere decisorio (e quindi non e' idonea a ledere le ragioni e gli interessi di soggetti che non sono ancora parti di un processo instaurato). Cio' anche quando - come nel caso di specie - detta attivita' si conclude con un provvedimento di «archiviazione»; atto questo che, rimesso alla determinazione della parte pubblica, non ha natura giurisdizionale, ne' determina un accertamento negativo di responsabilita', ne' puo' formare giudicato o creare vincoli per lo stesso ufficio del pubblico ministero, attesa la non definitivita' del suddetto provvedimento che puo' essere revocato ed essendo pur sempre proponibile successivamente, nei limiti del termine di prescrizione, l'atto di citazione (ex plurimis, Corte costituzionale sentenza n. 415 del 1995; idem, ordinanza n. 261 del 2006). La diversita' della disciplina processuale giuscontabile da quella processuale penale e' tanto piu' evidente ove si consideri che: gia' sul piano letterale vi e' una differenza nel giudizio innanzi alla Corte dei conti tra «proscioglimento» e «archiviazione», che evidenzia la differente autorita' chiamata a pronunciarsi nei due casi: il giudice, nel primo; il pubblico ministero, nel secondo; l'archiviazione e' appunto disposta dal pubblico ministero nel procedimento contabile, mentre, come gia' detto, lo e' da un Giudice nel procedimento penale; nei giudizi di responsabilita' amministrativa-contabile l'archiviazione non e' soggetta ad alcuna valutazione o controllo da parte del giudice, contrariamente a quanto avviene nel sistema processuale penale» (Sez. Marche, sentenza n. 236/2009 cit.; cfr. anche Sez. Puglia 676/2002). 14. Diversamente, la normativa provinciale, si pone in completa difformita' rispetto ai principi, appena descritti, facilmente desumibili dal tessuto normativo e giurisprudenziale nazionale, come peraltro ammesso anche dai rappresentanti della Provincia autonoma di Trento durante il contraddittorio finalizzato al giudizio di parificazione, laddove e' volta a svincolare il rimborso delle spese legali da parte dell'Amministrazione dalla necessita' di una sentenza di piena assoluzione nel merito. Invero, il presupposto individuato dall'art. 92 della legge provinciale 29 aprile 1983, n. 12, e dalla relativa norma di interpretazione autentica recata dall'art. 18 della legge provinciale 27 agosto 1999, n. 3, e' una qualsiasi sentenza di non condanna (ovvero anche un'archiviazione pre-processuale) e non la sentenza di assoluzione che escluda definitivamente la responsabilita'. Recita, infatti, il comma 1 dell'art. 92 della l.p. n. 12/1983 e s.m.: «La Provincia rimborsa le spese legali, peritali e di giustizia sostenute dai propri dipendenti la difesa nei giudizi civili, penali e contabili nei quali siano stati coinvolti per fatti o cause di servizio, salvo rivalsa nei casi di condanna per azioni od omissioni commesse con dolo o colpa grave dell'imputato o convenuto in giudizio». L'art. 18 della l.p. n. 3/1999 e s.m. interpretando la disposizione appena riportata dispone: «L'art. 92, comma 1, della legge provinciale 29 aprile 1983, n. 12, come da ultimo modificato dall'art. 16 della legge provinciale 11 settembre 1998, n. 10, s'interpreta nel senso di riconoscere il rimborso anche delle spese legali, peritali e di giustizia sostenute per la difesa nelle fasi preliminari di giudizi civili, penali e contabili; s'interpreta, inoltre, nel senso che il rimborso delle spese legali e' riconosciuto anche nei casi in cui e' stata disposta l'archiviazione del procedimento penale o del procedimento volto all'accertamento della responsabilita' amministrativa o contabile». In forza di questo chiaro ed inequivoco testo normativo, la Provincia autonoma di Trento, come emerso agevolmente dall'esame dei decreti di liquidazione acquisiti da queste Sezioni riunite, nel corso dell'istruttoria finalizzata alla parificazione del capitolo di spesa sul rimborso delle spese legali n. 151750-003, ha corrisposto l'importo di euro 146.176,08 a titolo di rimborso di spese sostenute nell'ambito sia di procedimenti contabili archiviati ai sensi dell'art. 69 c.g.c. sia di giudizi di responsabilita' amministrativo - contabili conclusi con mere pronunce di rito nelle quali il giudice contabile, dichiarando nulle o inammissibili le citazioni della Procura regionale, aveva disposto - in applicazione della normativa nazionale - la non sussistenza dei presupposti per la liquidazione delle spese e del rimborso da parte dell'amministrazione (cfr. Corte dei conti, Sez. giurisdizionale Trento, sentenze n. 12/2015 e n. 29/2016). Si sottolinea, peraltro, la natura esclusivamente processuale di queste sentenze di rito che non precludono la riproposizione dell'azione e sono pertanto prive, oltre che di una precipua statuizione circa l'esclusione della responsabilita' del convenuto, anche del carattere di definitivita' richiesto in termini indefettibili dalla normativa statale per ammettere il rimborso delle spese legali. E' di tutta evidenza - come emerge anche da quanto dichiarato dalla stessa amministrazione nella riunione camerale (cfr. resoconto della riunione camerale del 19 giugno) - che la Provincia, nel liquidare detti importi, ha applicato la propria normativa che ritiene condizione sufficiente per il rimborso l'assenza di condanna, diversamente dalla rigorosa normativa nazionale che richiede quale condizione necessaria la definitiva e chiara esclusione di responsabilita' (ratio condivisa dall'art. 31 e dall'art. 110 del codice di giustizia contabile). 15. La normativa provinciale si muove in senso opposto rispetto a quello tracciato dalla disciplina statale e, come tale, appare costituzionalmente illegittima, a giudizio di questo rimettente, anche con riferimento all'art. 92, comma 3, della l.p. n. 12/1983, laddove autorizza il rimborso delle spese legali in caso di pronuncia del giudice penale di non doversi procedere per estinzione del reato dovuta ad amnistia o prescrizione. Cosi' recita testualmente il ridetto comma 3: «Il rimborso delle spese legali puo' aver luogo anche allorquando il dipendente abbia usufruito dell'amnistia intervenuta prima dell'esaurito accertamento giurisdizionale del reato ovvero in caso di accertata prescrizione del reato». Come e' gia' stato evidenziato, la pronuncia del giudice penale di estinzione del giudizio ex art. 531 del codice di procedura penale per prescrizione del reato o amnistia non contiene alcuna valutazione assolutoria nel merito. Anzi, qualora il giudice penale fosse in grado di pronunciare l'assoluzione nel merito dell'imputato non potrebbe applicare la prescrizione. Inoltre, prescrizione ed amnistia sono sempre rinunciabili da parte degli imputati, a conferma che la loro applicazione non costituisce assoluzione «piena». 16. Anche le disposizioni recate dai commi 5, 5-bis e 5-ter dell'art. 92 della impugnata l.p. n. 12/1983 appaiono di dubbia legittimita' costituzionale in quanto estendono la contestata disciplina del rimborso spese legali, per quanto riguarda l'ambito soggettivo, anche ai membri della Giunta provinciale o ai loro delegati, ai componenti esterni di commissioni o comitati comunque denominati istituiti presso la Provincia nonche', sul versante oggettivo, ai procedimenti disciplinari ed ai procedimenti per l'irrogazione di sanzioni previste dall'art. 145 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia). Le disposizioni appena citate dispongono, infatti, quanto segue: «5. Le norme di cui ai precedenti commi si applicano anche al presidente della Giunta provinciale ed agli assessori provinciali che siano coinvolti in giudizi civili, penali e contabili per fatti o cause connessi all'adempimento del proprio mandato e all'esercizio delle proprie pubbliche funzioni, nonche' ai loro delegati che siano coinvolti in analoghi giudizi per fatti o cause connessi all'esercizio delle pubbliche funzioni delegate, purche' lo specifico atto di delega sia previsto da vigenti disposizioni di legge. 5-bis. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche per i provvedimenti disciplinari nei quali i dipendenti della Provincia siano coinvolti per iniziativa di organi esterni all'amministrazione provinciale quando la legge prescriva l'obbligo dell'assistenza tecnico-legale di un difensore. 5-ter. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche ai componenti, che non appartengano all'amministrazione, di commissioni o comitati comunque denominati istituiti presso la Provincia. Quest'articolo si applica anche ai procedimenti per l'irrogazione di sanzioni previste dall'art. 145 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia), avviati nei confronti di personale dipendente nominato dalla Provincia ai sensi della normativa provinciale che ha svolto tali compiti, in base a disposizioni di servizio, in orario di lavoro o comunque come obbligo di servizio». Sul punto appare utile richiamare la sentenza della Corte costituzionale n. 197/2000, che, in ordine alla censurata disparita' di trattamento tra dipendenti e amministratori con riferimento al rimborso delle spese legali consentito dalla legge regionale siciliana, ha sottolineato quanto segue: «vi e' sicuramente un profilo rilevante che, nell'ambito dell'organizzazione dell'ente di appartenenza, investe la posizione del dipendente e non anche quella dell'amministratore: il rapporto di subordinazione. Mettere le proprie energie lavorative a disposizione del datore di lavoro, assumere questi ultimo, oltre all'obbligo della retribuzione, i rischi e i corrispondenti oneri di protezione per tutto cio' che viene fatto dal lavoratore nello svolgimento della prestazione oggetto del rapporto, sono i tratti che caratterizzano il lavoro dipendente [...]. Si tratta sempre di conferire all'ente di appartenenza le proprie energie lavorative, cio' che non avviene per gli amministratori, la cui immedesimazione organica con l'ente si basa su un rapporto, variamente configurato in dottrina, ma che comunque non e' di lavoro subordinato». Le medesime considerazioni possono essere valide altresi' al fine di manifestare dubbi circa la legittimita' costituzionale del comma 5-ter dell'art. 92 della l.p. n. 12/1983 citato, con particolare riferimento all'estensione del rimborso delle spese legali ai «componenti esterni di commissioni o comitati comunque denominati istituiti presso la Provincia». 17. Da quanto sopra evidenziato emerge in modo evidente l'irragionevole disparita' di trattamento (art. 3 della Costituzione) tra dipendenti ed amministratori della Provincia autonoma di Trento e dipendenti dello Stato e delle restanti pubbliche amministrazioni (principi di uguaglianza e ragionevolezza). Cio' in quanto la Provincia autonoma di Trento, eccedendo dalle competenze statutarie, ha legiferato sul rimborso delle spese legali ai propri dipendenti ed amministratori in modo assai piu' permissivo rispetto alla legislazione statale ed ai principi di comune applicazione a livello nazionale, invadendo la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di «giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa» (art. 117, comma 2, lettera l), della Costituzione). E' infatti evidente che le disposizioni di cui trattasi sono inerenti al il riconoscimento di spettanze civilistiche di derivazione processuale che, come tali, non sono derogabili dalla potesta' legislativa attribuita dallo Statuto speciale alle province autonome, competendo esclusivamente allo Stato la disciplina legislativa della materia appena enunciata (Corte costituzionale sentenze n. 19/2014 e n. 81/2017). Inoltre, la ridetta disciplina provinciale laddove autorizza la rifusione delle spese legali anche in caso di sentenze del giudice contabile diverse dal proscioglimento nel merito ovvero di applicazione della prescrizione o dell'amnistia nei processi penali, fattispecie che nel resto del territorio nazionale sono pacificamente configurate come causative di danno erariale, introduce una causa di esenzione da responsabilita', incidendo pertanto illegittimamente anche sul regime sostanziale della responsabilita' amministrativo contabile (Corte costituzionale n. 345/2004). Quanto appena rilevato, capovolgendo la disciplina della legge dello Stato in materia di condizioni per la liceita' del rimborso delle spese legali, determina altresi' la lesione, da parte della impugnata legislazione provinciale, sia dell'art. 97 della Costituzione sotto il profilo del buon andamento e dell'imparzialita' dell'amministrazione pubblica, sia dell'art. 117, comma 2, lettera l), della Costituzione, interferendo con l'ordinamento della giurisdizione contabile, riconducibile alla «giustizia amministrativa». 18. Per quanto appena detto, la disciplina provinciale, oggetto della presente questione di legittimita' costituzionale, appare altresi' invadere la competenza esclusiva dello Stato di cui all'art. 117, comma 2, lettera l), della Costituzione nella materia «giurisdizione e norme processuali» e violare, al contempo, la riserva propria della Corte dei conti nelle materie di contabilita' pubblica ai sensi dell'art. 103, comma 2, della Costituzione, secondo cui «la Corte dei conti ha giurisdizione nelle materie di contabilita' pubblica e nelle altre specificate dalla legge». Occorre muovere dalla considerazione che un orientamento costante della Corte costituzionale afferma che l'art. 103, comma 2, della Costituzione si riferisce all'ampio ambito della «tutela del pubblico danaro» (cosi' la sentenza n. 185/1982, ma analogamente anche la risalente sentenza n. 68/1971) ed e' comprensivo dei giudizi di conto e dei giudizi di responsabilita' amministrativo-contabile. Ora, con la sentenza gia' citata n. 19/2014, la Corte costituzionale ha riconosciuto come la fissazione dell'an del rimborso delle spese legali al convenuto e, quindi, «il regime delle condizioni alla presenza delle quali le spese legali sostenute dai soggetti sottoposti al giudizio della Corte dei conti sono rimborsate dall'amministrazione di appartenenza» rientri tra i compiti elettivi del giudice contabile. Le norme provinciali censurate, operando un'estensione oggettiva e soggettiva della disciplina dettata dal legislatore statale per il rimborso da parte dell'amministrazione delle spese legali sopportate nell'ambito di giudizi contabili per fatti connessi con l'esercizio delle funzioni, vanno ad incidere sulla competenza rimessa, in via esclusiva, alla Corte dei conti per l'accertamento in ordine all'an della liquidazione delle spese legali nell'ambito del processo contabile e, quindi, del successivo rimborso da parte dell'Amministrazione al dipendente convenuto. In altri termini, solo e soltanto la legge dello Stato puo' determinare i presupposti per il sorgere del diritto di credito del dipendente/ amministratore al rimborso delle spese legali e tale prospettazione appare suffragata dalle disposizioni statali che si sono succedute e, da ultimo, risulta avvalorata dalle disposizioni del codice di giustizia contabile, segnatamente l'art. 31 e l'art. 110. Si tratta evidentemente di disposizioni afferenti al riconoscimento di spettanze civilistiche di promanazione processuale che, come tali, non sono derogabili in forza dell'esercizio della potesta' legislativa attribuita alle Regioni e alle province autonome, competendo esclusivamente allo Stato la potesta' legislativa in materia di «giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa» (art. 117, comma 2, lettera l, della Costituzione). Il vulnus alla competenza esclusiva statale in materia di giurisdizione contabile appare ancora piu' grave con riferimento alla disposizione recata dal comma 1-bis dell'art. 92 della l.p. n. 12/1983. Detta norma prescrive, addirittura, che anche in caso di condanna penale o contabile potrebbe essere disposta la liquidazione delle spese legali ai dipendenti ed amministratori, qualora un'apposita commissione provinciale (sostituendosi, pertanto, evidentemente all'accertamento effettuato dal giudice istituzionalmente deputato alla qualificazione della responsabilita' ascrivibile all'agente) valuti la condotta dell'agente non gravemente colposa. Questo il testo del richiamato comma 1-bis della l.p. n. 12/1983: Qualora dalla sentenza di condanna intervenuta nei giudizi penali e contabili di cui al comma 1 non risulti il grado di colpa, per l'accertamento della sussistenza del requisito della colpa grave al fine di disporre il rimborso delle spese legali o la conseguente rivalsa, la Giunta provinciale si avvale di una apposita commissione composta da tre membri particolarmente qualificati nel settore giuridico e legale che esprime proposte motivate per tale scopo. La medesima commissione opera anche nel caso in cui la sentenza sia in parte di condanna e in parte di assoluzione per proporre alla Giunta provinciale se ed in che proporzione debba avere luogo la rivalsa di cui al comma 1. A tutti i componenti della commissione che esercitano la professione di avvocato sono corrisposti i compensi stabiliti ai sensi dell'art. 57 del regio D.L. 27 novembre 1933, n. 1578 (Ordinamento delle professioni di avvocato e procuratore)». Il contrasto delle disposizioni provinciali di cui trattasi con la normativa nazionale e l'interferenza con la giurisdizione contabile emergono in modo evidente dall'approfondimento istruttorio svolto nell'ambito del giudizio a quo. Invero, sono stati acquisiti i decreti di liquidazione di spese legali sostenute da dipendenti provinciali, tra i quali quelli connessi a procedimenti di responsabilita' conclusi con sentenze di rito. In particolare, con la sentenza n. 29/2016 della Sezione giurisdizionale di Trento, che ha costituito il presupposto della predetta liquidazione, il giudice contabile ha chiaramente disposto quanto segue: «Trattandosi di pronuncia in rito, nulla e' dovuto per le spese di giudizio, poiche' «l'art. 10-bis, comma 10, del 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248 (che ha autenticamente interpretato l'art. 3, comma 2-bis, del decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 543, convertito con modificazioni, dalla legge 20 dicembre 1996, n. 639, e l'art. 18, comma 1, del decreto-legge n. 67 del 1997, convertito nella legge n. 135 del 1997), stabilisce espressamente che la liquidazione delle spese ai fini del rimborso da parte dell'amministrazione di appartenenza va disposta solo in caso di proscioglimento nel merito del convenuto, con esclusione di tutti gli altri casi» (Sezione III Appello, n. 565 del 17 settembre 2010; n. 127 del 6 aprile 2016; questa stessa Sezione, n. 21 del 31 luglio 2015; Sez. Giur. Abruzzo, n. 218 del 23 gennaio 2013; Sez. giur. Marche, n. 249 del 20 dicembre 2010; SS.RR. n. 3/QM/2008 del 27 giugno 2008; Sez. giur. Lombardia, n. 136 del 6 marzo 2008; Sez. giur. Basilicata, n. 231 del 18 dicembre 2006; Sez, I, n. 89 del 5 aprile 2006; e conformi)» . E', quindi, evidente l'interferenza della legislazione provinciale con la giurisdizione contabile alla luce dei principi nazionali. 19. Le citate disposizioni provinciali, ampliando la disciplina del rimborso delle spese legali in difformita' dall'ordinamento giuridico nazionale ed in violazione della competenza legislativa esclusiva statale, incidono altresi' chiaramente sugli equilibri di bilancio (articoli 81 e 119, comma 1, della Costituzione) determinando un aggravio della spesa per il personale, che «per la sua importanza strategica, costituisce non gia' una minuta voce di dettaglio» nei bilanci delle amministrazioni pubbliche, ma «un importante aggregato della spesa di parte corrente» (ex multis, Corte costituzionale sentenza n. 108/2011). Tale spesa, pertanto, altera il risultato di amministrazione ed incide negativamente sull'equilibrio dei bilanci e sulla sostenibilita' del debito pubblico, in violazione degli articoli 81 e 97, comma 1, della Costituzione. Il nesso funzionale che connette la violazione della competenza statale in materia di «giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa» con la tutela del bilancio inteso quale bene pubblico viene chiaramente in rilievo in questo specifico caso (Corte costituzionale n. 146/2019). 20. Da ultimo, in conformita' alla consolidata giurisprudenza della Corte costituzionale, queste Sezioni riunite ritengono di dover verificare se siano possibili ipotesi interpretative delle citate disposizioni provinciali che consentano di superare i dubbi di costituzionalita' sopra esposti. Si ritiene, tuttavia, che non vi siano spazi per un'interpretazione costituzionalmente orientata, poiche' qualsivoglia approccio esegetico e' inibito dal carattere perentorio delle disposizioni, alla stregua anche della chiara voluntas legis del legislatore provinciale (espressa, peraltro, chiaramente ed in modo inequivoco dal Presidente della Giunta provinciale nel corso del contraddittorio orale durante il giudizio di parifica), che detta una disciplina di dettaglio del rimborso delle spese legali a favore dei dipendenti e degli amministratori della Provincia autonoma difforme dai principi nazionali, nonche' dalla mancanza nell'ordinamento di norme e principi in grado di consentire di emendare le norme provinciali con l'ausilio dell'analogia. (1) «La giurisprudenza ha piu' volte messo in luce, come del resto desumibile, dal dettato normativa, che nel nostro ordinamento non si ravvisa un principio generale che consenta di affermare, indipendentemente dalla fonte normativa settoriale e a prescindere dai limiti in cui il diritto viene confermato, l'esistenza di un generalizzato diritto al rimborso di tali spese. Difatti, l'assunzione dell'onere della spesa per l'assistenza legale ai dipendenti degli enti locali non e' un atto dovuto, ne' tantomeno automatico, ma e' conseguenza di alcuni presupposti che devono sussistere e di rigorose valutazioni che l'ente e' tenuto a fare, anche ai fini di una trasparente, efficace ed efficiente amministrazione delle risorse pubbliche economiche», Corte dei conti, Terza sezione centrale d'appello, sentenza n. 18 del 13 febbraio 2019. (2) Con la citata sentenza n. 12 del 2015, la Sezione giurisdizionale della Corte dei conti di Trento aveva disposto «che il pubblico ministero provveda a rinnovare la citazione - ovvero le distinte citazioni in relazione a ciascuna fattispecie dannosa individuata [...] - spese al definitivo». (3) La mancata impugnazione in via principale di norme delle regioni o delle province autonome non preclude la possibilita' per la Corte dei conti, in sede di giudizio di parificazione dei rendiconti, di sollevare questioni di legittimita' costituzionale, giacche' - come ha chiarito la Corte costituzionale con la sentenza del 6 giugno 2019, n. 138 «Ove sia la legge stessa a pregiudicare principi di rango costituzionale, l'unica via da percorrere per il giudice della parificazione rimane proprio il ricorso all'incidente di costituzionalita'. [...] A favore di tale conclusione concorrono due distinte ma complementari concause: a) gli interessi erariali alla corretta spendita delle risorse pubbliche [...] non hanno, di regola, uno specifico portatore in grado di farli valere processualmente in modo diretto; b) le disposizioni contestate non sono state impugnate nei termini dal Governo, unico soggetto abilitato a far valere direttamente l'invasione di materie di competenza legislativa statale, divenendo intangibili per effetto della decorrenza dei predetti termini e della decadenza conseguentemente maturata». (4) Con la sentenza n. 19 del 2014 la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale di una norma della Provincia autonoma di Bolzano, che consentiva all'amministrazione provinciale di rimborsare le spese legali sostenute dal dipendente disattendendo la statuizione di compensazione delle spese processuali disposta dal giudice contabile. Il Giudice delle leggi ha, infatti, ritenuto che con l'impugnata disposizione provinciale «incidendo sulla materia «ordinamento civile» e «giustizia amministrativa», si disciplina, peraltro in senso difforme dalla normativa statale, il regime delle condizioni alla presenza delle quali le spese legali sostenute dai soggetti sottoposti al giudizio della Corte dei conti sono rimborsate dall'amministrazione di appartenenza eccedendo dalle competenze statutarie»