LA CORTE DEI CONTI 
         Sezioni riunite per il Trentino-Alto Adige/Südtirol 
 
    presiedute  dal  Presidente  Angelo  Buscema   e   composte   dai
magistrati: 
        Anna Maria Rita Lentini, Presidente di sezione; 
        Josef Hermann Rössler, Presidente di sezione; 
        Alessandro Pallaoro, consigliere; 
        Tullio Ferrari, consigliere; 
        Massimo Agliocchi, primo referendario (relatore); 
        Alessia Di Gregorio, primo referendario (relatore), 
ha pronunciato la seguente ordinanza nel  giudizio  di  parificazione
del rendiconto  generale  della  Provincia  autonoma  di  Trento  per
l'esercizio finanziario 2018. 
    Visti gli articoli 100, secondo  comma,  e  103,  secondo  comma,
della Costituzione; 
    Visti gli articoli 134 della Costituzione, l'art. 1  della  legge
costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e l'art. 23 della legge 11 marzo
1953, n. 87; 
    Visti gli articoli 3, 81, 97, 117, secondo comma,  lettera  l)  e
119, primo comma, della Costituzione; 
    Visto il testo unico delle leggi  costituzionali  concernenti  lo
Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige/Südtirol,  approvato  con
decreto del Presidente della Repubblica 31  agosto  1972,  n.  670  e
relative norme di attuazione; 
    Visto il decreto del Presidente della Repubblica 15 luglio  1988,
n. 305 e successive modificazioni, recante norme di attuazione  dello
statuto speciale per  la  Regione  Trentino-Alto  Adige/Südtirol  per
l'istituzione delle Sezioni di controllo della  Corte  dei  conti  di
Trento e di Bolzano e per il personale ad esse addetto; 
    Visto il testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato
con regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214 e successive modificazioni; 
    Visto il decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213; 
    Visto l'art. 92 della legge provinciale 29 aprile  1983,  n.  12,
cosi' come sostituito dall'art. 35 della legge provinciale 24 gennaio
1992, n. 5, modificato dall'art. 14 della legge provinciale 19 maggio
1992, n. 15 e integrato dall'art. 15 della legge provinciale 7 agosto
1995, n. 8; 
    Visto l'art. 18 della legge provinciale 27  agosto  1999,  n.  3,
come modificato dall'art. 28, comma 1,  della  legge  provinciale  22
aprile 2014, n. 1 e integrato dall'art.  18,  comma  1,  della  legge
provinciale 3 agosto 2018, n. 15; 
    Visto l'art. 3, comma 2-bis, del decreto-legge 23  ottobre  1996,
n. 543, convertito, con modificazioni, dalla  legge  n.  639  del  20
dicembre 1996; 
    Visto l'art. 18, comma 1, del decreto-legge 25 marzo 1997, n. 67,
convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 1997, n. 135; 
    Visto l'art. 10-bis, comma 10,  del  decreto-legge  30  settembre
2005, n. 203, nel testo convertito, con modificazioni, dalla legge  2
dicembre 2005, n. 248; 
    Visti gli articoli 31, comma 2, e 110, comma  7,  del  codice  di
giustizia contabile, approvato con il decreto legislativo  26  agosto
2016, n. 174; 
    Vista la nota prot. n. 295 del 20 febbraio  2019  del  magistrato
istruttore  della  Sezione  di   controllo   per   il   Trentino-Alto
Adige/Südtirol, sede di Trento, inviata alla  Provincia  autonoma  di
Trento; 
    Vista la nota prot. n. 41855 del 3 aprile 2019, con la  quale  la
Provincia autonoma di  Trento  ha  fornito  gli  elementi  istruttori
richiesti; 
    Vista la nota prot. n. 289102 del 7 maggio 2019, con la quale  la
Provincia autonoma di Trento ha trasmesso alla  Corte  dei  conti  il
rendiconto generale per l'esercizio finanziario  2018,  completo  del
conto economico e dello stato patrimoniale, unitamente alla relazione
sulla gestione; 
    Vista la nota prot. n. 1488 del 17  maggio  2019  del  magistrato
istruttore  della  Sezione  di   controllo   per   il   Trentino-Alto
Adige/Südtirol, sede di Trento, inviata alla  Provincia  autonoma  di
Trento, con cui e' stato chiesto un supplemento istruttorio; 
    Vista la nota prot. n. 321336 del 21 maggio 2019, con la quale la
Provincia  autonoma  di  Trento  ha   trasmesso   la   documentazione
richiesta; 
    Vista  l'ordinanza  n.  2/SS.RR./2019  del  6  giugno  2019   del
Presidente  delle  Sezioni  riunite  per  la  regione   Trentino-Alto
Adige/Südtirol, che fissa l'adunanza per il giudizio di parificazione
del Rendiconto generale della Provincia autonoma  di  Trento  per  il
giorno 28 giugno 2019; 
    Visto il decreto n. 5/SSRR/2019 del 6  giugno  2019  con  cui  il
Presidente delle Sezioni riunite della Corte dei conti per la Regione
Trentino-Alto Adige/Südtirol ha convocato per il 19  giugno  2019  la
Camera di consiglio per discutere in contradditorio con la  Provincia
le osservazioni dei magistrati istruttori; 
    Vista la nota  n.  1619  del  6  giugno  2019  della  Sezione  di
controllo per il Trentino-Alto Adige/Südtirol, sede di Trento, con la
quale e' stata trasmessa alla Provincia, al Collegio dei  revisori  e
alla Procura regionale della Corte dei conti  di  Trento  la  sintesi
delle  osservazioni  sugli  esiti  istruttori,   per   le   eventuali
precisazioni e controdeduzioni; 
    Viste le osservazioni dell'Amministrazione provinciale  trasmesse
con nota del Presidente prot. n. 380409 del 13 giugno 2019; 
    Vista la deliberazione n. 51/2019/FRG del 17 giugno 2019, con  la
quale la Sezione di controllo per  il  Trentino  Alto  Adige/Sütirol,
sede di Trento, ha approvato  gli  esiti  dell'attivita'  istruttoria
finalizzata al giudizio  di  parificazione  del  rendiconto  generale
della Provincia autonoma di Trento per l'esercizio finanziario 2018 e
ne ha ordinato la trasmissione alle Sezioni riunite  per  la  Regione
Trentino-Alto Adige/Südtirol; 
    Vista la nota prot. n. 38 del 18 giugno  2019  della  Sezione  di
Controllo per il Trentino-Alto Adige/Südtirol, sede di Trento, con la
quale e' stata trasmessa la deliberazione  n.  51/  2019/FRG  del  17
giugno 2019 alla  Provincia  autonoma  di  Trento,  al  Collegio  dei
revisori e alla Procura regionale della Corte dei conti di Trento; 
    Visto il resoconto della riunione camerale del  19  giugno  2019,
alla  quale  sono  comparsi  i  rappresentanti   dell'Amministrazione
provinciale, il Collegio dei revisori e la  Procura  regionale  della
Corte dei conti di Trento; 
    Vista la  memoria  della  Procura  regionale  presso  la  Sezione
giurisdizionale per il Trentino-Alto Adige/Südtirol, sede di  Trento,
depositata in data 27 giugno 2019; 
    Vista la decisione n. 4/PARI/2019 con cui le Sezioni riunite  per
la   Regione   Trentino-Alto   Adige/Südtirol    hanno    parificato,
parzialmente, il rendiconto per l'esercizio  finanziario  2018  della
Provincia autonoma di Trento; 
    Uditi, alla pubblica adunanza del 28 giugno 2019, i relatori,  il
Procuratore regionale e il Presidente della Giunta provinciale. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    Con nota prot.  n.  295  del  20  febbraio  2019,  il  magistrato
istruttore ha instaurato regolare contraddittorio  con  la  Provincia
autonoma di  Trento,  ai  fini  del  giudizio  di  parificazione  del
rendiconto per l'esercizio finanziario 2018. In particolare, e' stato
formulato il seguente quesito istruttorio: «indicare il totale  degli
impegni e dei  pagamenti  (competenza  e  residui)  per  capitolo  di
bilancio dei rimborsi, ai sensi della vigente normativa  provinciale,
per spese legali, peritali e  di  giustizia  sostenute  dai  soggetti
aventi  diritto  coinvolti  per  fatti  o  cause   di   servizio   in
procedimenti penali, civili, amministrativi e contabili, specificando
gli importi liquidati  distintamente  per  tipologia  di  giudizio  e
precisando se trattasi di spese sostenute per la  difesa  nelle  fasi
preliminari di detti giudizi, se gli stessi si siano  conclusi  senza
ricognizione  definitiva  di  alcuna  responsabilita'  a  seguito  di
condono o prescrizione o proscioglimento o archiviazione  o  amnistia
intervenuta prima di esaurito accertamento giudiziale del reato, o se
trattasi di giudizi conclusi con accertamento di colpa  lieve  o  sia
stata disposta la compensazione delle spese». 
    La Provincia autonoma, con nota prot. n. 41855 del 3 aprile 2019,
ha fornito gli elementi richiesti, trasmettendo una  relazione  sulla
citata normativa provinciale inerente al rimborso delle spese  legali
a favore di dipendenti  e  amministratori  e  una  tabella  analitica
recante il dettaglio degli importi rifusi nell'esercizio 2018. 
    Con nota prot. n. 289102 del 7 maggio 2019  il  Presidente  della
Provincia autonoma di Trento ha trasmesso alla Sezione  di  controllo
di Trento, ai fini  della  parifica,  il  rendiconto  generale  della
Provincia per l'esercizio 2018  e  relativi  allegati  approvato  con
delibera n. 516 dalla Giunta provinciale nella seduta del  19  aprile
2019. 
    Con successivo supplemento istruttorio (nota prot. n. 1488 del 17
maggio 2019), il magistrato istruttore ha chiesto la trasmissione dei
provvedimenti  di  liquidazione  delle  spese  legali  rimborsate  ai
singoli dipendenti. L'Amministrazione ha  inviato  la  documentazione
richiesta con nota prot. n. 321336 del 21 maggio 2019. 
    L'esame  della  documentazione   inviata   dalla   Provincia   ha
consentito di evidenziare che, nel corso  dell'esercizio  finanziario
2018, sono  state  impegnate  e  pagate  sul  capitolo  di  spesa  n.
151750-003 risorse per euro 188.145,75 a  titolo  di  rimborso  spese
legali al personale dipendente in forza di quanto disposto  dall'art.
92 della legge provinciale 29 aprile 1983, n. 12 e s.m., e  dell'art.
18 della legge provinciale 27 agosto 1999, n.  3  e  s.m.  L'art.  92
della l.p. n. 12/1983 e s.m. («Rimborso spese legali») dispone quanto
segue: 
        «1. La Provincia rimborsa le  spese  legali,  peritali  e  di
giustizia sostenute dai propri dipendenti per la difesa  nei  giudizi
civili, penali e contabili nei quali siano stati coinvolti per  fatti
o cause di servizio, salvo rivalsa nei casi di condanna per azioni od
omissioni commesse con dolo o colpa grave dell' imputato o  convenuto
in giudizio. 
    1-bis. Qualora dalla sentenza di condanna intervenuta nei giudizi
penali e contabili di cui al comma 1 non risulti il grado  di  colpa,
per l' accertamento della sussistenza del requisito della colpa grave
al fine di disporre il rimborso delle spese legali o  la  conseguente
rivalsa, la Giunta provinciale si avvale di una apposita  commissione
composta  da  tre  membri  particolarmente  qualificati  nel  settore
giuridico e legale che esprime proposte motivate per tale  scopo.  La
medesima commissione opera anche nel caso in cui la sentenza  sia  in
parte di condanna e di parte di assoluzione per proporre alla  Giunta
provinciale se ed in che proporzione debba avere luogo la rivalsa  di
cui al comma 1. A tutti i componenti della commissione che esercitano
la professione di avvocato sono corrisposti i compensi  stabiliti  ai
sensi  dell'art.  57  del  regio  D.L.  27  novembre  1933,  n.  1578
(Ordinamento delle professioni di avvocato e procuratore). 
    2. Il rimborso delle spese legali e' limitato a quelle  sostenute
per un solo difensore e per  non  piu'  di  due  consulenti  tecnici,
detratto quanto  liquidato  a  favore  del  dipendente  nel  giudizio
civile, penale e contabile o quanto riconosciutogli  da  un'eventuale
assicurazione. Per il giudizio davanti alla Corte di cassazione  sono
rimborsate le spese legali sostenute fino a due difensori. 
    3.  Il  rimborso  delle  spese  legali  puo'  aver  luogo   anche
allorquando il dipendente abbia usufruito  dell'amnistia  intervenuta
prima dell'esaurito accertamento giurisdizionale del reato ovvero  in
caso di accertata prescrizione del reato. 
    4. Per il rimborso delle spese legali indicate al comma 2  e  per
la loro eventuale anticipazione,  prima  dell'udienza  dell'ulteriore
grado di giudizio, il dipendente comunica e trasmette  all'avvocatura
della Provincia i documenti giustificativi e, in ogni caso a pena  di
decadenza, la parcella del giudizio concluso. La  Giunta  provinciale
delibera il rimborso delle spese legali sostenute. 
    5. Le norme di cui ai precedenti  commi  si  applicano  anche  al
presidente della Giunta provinciale ed agli assessori provinciali che
siano coinvolti in giudizi civili, penali e  contabili  per  fatti  o
cause connessi all'adempimento del proprio  mandato  e  all'esercizio
delle proprie pubbliche funzioni, nonche' ai loro delegati che  siano
coinvolti  in  analoghi  giudizi   per   fatti   o   cause   connessi
all'esercizio delle pubbliche funzioni delegate, purche' lo specifico
atto di delega sia previsto da vigenti disposizioni di legge. 
    5-bis. Le disposizioni di cui al presente articolo  si  applicano
anche per i provvedimenti disciplinari nei quali i  dipendenti  della
Provincia  siano  coinvolti  per   iniziativa   di   organi   esterni
all'amministrazione provinciale quando la legge  prescriva  l'obbligo
dell'assistenza tecnico-legale di un difensore. 
    5-ter. Le disposizioni del presente articolo si  applicano  anche
ai  componenti,  che   non   appartengano   all'amministrazione,   di
commissioni  o  comitati  comunque  denominati  istituiti  presso  la
Provincia.  Quest'articolo  si  applica  anche  ai  procedimenti  per
l'irrogazione  di  sanzioni  previste  dall'art.  145   del   decreto
legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (Testo  unico  delle  leggi  in
materia bancaria e creditizia), avviati nei  confronti  di  personale
dipendente  nominato  dalla  Provincia  ai  sensi   della   normativa
provinciale che ha svolto tali compiti, in  base  a  disposizioni  di
servizio, in orario di lavoro o comunque come obbligo di servizio». 
    Inoltre, l'art. 18 della l.p. n. 3/1999 e s.m., recante norma  di
interpretazione  autentica  del  riportato  art.  92  della  l.p.  n.
12/1983, dispone quanto segue: 
    «1. L'art. 92, comma 1, della legge provinciale 29  aprile  1983,
n.  12,  come  da  ultimo  modificato  dall'  art.  16  della   legge
provinciale 11 settembre 1998,  n.  10,  s'interpreta  nel  senso  di
riconoscere il rimborso anche  delle  spese  legali,  peritali  e  di
giustizia sostenute per la difesa nelle fasi preliminari  di  giudizi
civili, penali e contabili; s'interpreta, inoltre, nel senso  che  il
rimborso delle spese legali e' riconosciuto anche nei casi in cui  e'
stata  disposta  l'  archiviazione  del  procedimento  penale  o  del
procedimento    volto    all'accertamento    della    responsabilita'
amministrativa o contabile. 
    1-bis. Ai fini dei rimborsi disposti ai sensi dei commi 1 e 1-bis
dell' art. 92 della legge provinciale n. 12 del 1983 e' acquisito  il
parere del competente consiglio dell'ordine degli avvocati,  reso  ai
sensi dell'art. 29. comma 1, lettera  l),  della  legge  31  dicembre
2012, n. 247 (Nuova  disciplina  dell'ordinamento  della  professione
forense). 
    2. Agli oneri derivanti dall'applicazione di questi  articolo  si
provvede secondo le modalita' indicate nell'allegata tabella D.». 
    Sulla base di tale tessuto normativo, nell'esercizio  finanziario
2018, la Provincia autonoma di Trento ha erogato  euro  188.145,75  a
titolo di rimborso delle spese legali  sostenute  dai  dipendenti  in
procedimenti penali e contabili. Di detta spesa  complessiva  pari  a
euro 188.145,75, l'importo di euro  146.176,08  si  riferisce,  nello
specifico,  al  rimborso  degli  oneri   sostenuti   nell'ambito   di
procedimenti contabili archiviati ai sensi dell'art. 69 c.g.c. sia  a
giudizi di responsabilita' amministrativo -  contabili  conclusi  con
pronunce di rito, per loro natura  non  definitive  e  prive  di  una
statuizione di  assoluzione  dei  convenuti,  nelle  quali  e'  stato
altresi' chiaramente affermato dal giudice che nulla e' dovuto per le
spese di giudizio poiche' - ai sensi dell'art. 10-bis, comma 10,  del
decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203 - la liquidazione delle spese
ai fini del rimborso da parte dell'amministrazione di appartenenza va
disposta solo in caso di proscioglimento nel  merito  del  convenuto,
con esclusione di tutti gli altri casi. 
    Le summenzionate erogazioni  per  l'importo  di  euro  146.176,08
appaiono  illegittime  in  ragione  della   sospetta   illegittimita'
costituzionale delle disposizioni  di  cui  ai  citati  articoli,  in
quanto in contrasto con gli articoli 3, 81, 97, 103,  comma  2,  117,
comma 2, lettera l), e 119, comma 1 della Costituzione. 
    Il magistrato istruttore ha rappresentato, in sede di giudizio di
parificazione, quanto segue: 
        «Con riferimento alle  disposizioni  dettate  in  materia  di
personale, suscita forti perplessita'  il  mantenimento  nel  sistema
ordinamentale della Provincia delle disposizioni recate dall'art.  92
della l.p. 29 aprile 1983, n. 12 (cosi' come sostituito dall'art.  35
della l.p. 24 gennaio 1992, n. 5, modificato dall'art. 14 della  l.p.
19 maggio 1992, n. 15 e integrato dall'art. 15 della  l.p.  7  agosto
1995, n. 8) e dall'art. 18 della l.p. 27 agosto  1999,  n.  3  (comma
cosi' modificato dall'art. 28, comma 1, della l.p. 22 aprile 2014, n.
1), in materia di rimborso delle  spese  legali.  Dette  disposizioni
prevedono, infatti, che  «La  Provincia  rimborsa  le  spese  legali,
peritali e di giustizia sostenute dai propri dipendenti per la difesa
nei  giudizi  civili,  penali  e  contabili  nei  quali  siano  stati
coinvolti per fatti o cause di servizio» (art. 92, comma 1,  l.p.  n.
12/1983),  anche   allorquando   «il   dipendente   abbia   usufruito
dell'amnistia   intervenuta    prima    dell'esaurito    accertamento
giurisdizionale del reato ovvero in caso  di  accertata  prescrizione
del reato» (comma 3). Inoltre, la medesima norma contempla  al  comma
1-bis un peculiare meccanismo che rimette a  un'apposita  commissione
nominata dalla Giunta provinciale «l'accertamento  della  sussistenza
del requisito della colpa grave» «qualora dalla sentenza di  condanna
intervenuta nei giudizi penali e contabili di  cui  al  comma  1  non
risulti il grado di colpa» ed estende, al comma 5-ter, l'applicazione
delle disposizioni in esso  recate  anche  «ai  componenti,  che  non
appartengano all'amministrazione, di commissioni o comitati  comunque
denominati istituiti presso la Provincia». Inoltre, l'art.  18  della
l.p. n. 3/99 riconosce il rimborso anche delle spese  «sostenute  per
la  difesa  nelle  fasi  preliminari  di  giudizi  civili,  penali  e
contabili  [...]  anche  nei  casi   in   cui   e'   stata   disposta
l'archiviazione del procedimento [...] volto  all'accertamento  della
responsabilita' amministrativa o contabile». 
    Alla stregua di  quanto  appena  esposto  risulta  delineata  una
disciplina  difforme  rispetto  a  quella  vigente   nell'ordinamento
nazionale, ove il rimborso delle spese legali ai dipendenti coinvolti
per fatti di servizio in procedimenti penali  e  contabili  trova  la
propria regolamentazione nel decreto-legge 23 ottobre  1996,  n.  543
(convertito, con modificazioni, nella  legge  20  dicembre  1996,  n.
639), nel  decreto-legge  25  marzo  1997,  n.  67  (convertito,  con
modificazioni,  nella  legge  23  maggio  1997,   n.   135)   e   nel
decreto-legge  30   settembre   2005,   n.   203   (convertito,   con
modificazioni, nella legge 2 dicembre  2005,  n.  248).  Inoltre,  il
Codice di giustizia contabile  (di  cui  all'Allegato  1  al  decreto
legislativo 26 agosto  2016,  n.  174)  disciplina  espressamente  la
materia all'art. 31, secondo il quale «Con la  sentenza  che  esclude
definitivamente  la  responsabilita'  amministrativa  per   accertata
insussistenza del danno, ovvero,  della  violazione  di  obblighi  di
servizio, del nesso di causalita', del dolo o della colpa  grave,  il
giudice non puo' disporre la compensazione delle spese del giudizio e
liquida, a carico dell'amministrazione di  appartenenza,  l'ammontare
degli onorari e dei diritti spettanti alla difesa». 
    La  disciplina  nazionale  richiede,  quindi,  quale  presupposto
indefettibile per il rimborso delle  spese  legali  una  sentenza  di
pieno e definitivo proscioglimento nel merito, con la conseguenza  di
ritenere preclusa ogni possibilita' di rimborso  delle  spese  legali
nel caso di proscioglimento per amnistia, per  prescrizione  e  nelle
ipotesi di archiviazione nell'ambito del procedimento contabile (cfr.
Sezioni riunite in sede giurisdizionale, sentenza n. 3 del 27  giugno
2008; Sezione giurisdizionale Puglia, n. 676 del 23  settembre  2002;
Sezione giurisdizionale Marche, n. 236 del 20  agosto  2009;  Sezione
giurisdizionale Piemonte, n. 179 del 27 maggio 2019). 
    La normativa provinciale prima citata disciplina  le  fattispecie
di rimborso delle spese legali sostenute dai  dipendenti  provinciali
in materie («giustizia amministrativa»  e  «ordinamento  civile»)  di
esclusiva competenza statale ai sensi dell'art. 117, comma 2, lettera
l), della Costituzione; per di piu' detta regolamentazione si pone in
palese contrasto  con  il  quadro  ordinamentale  nazionale,  le  cui
ipotesi sono «indicative proprio della specificita' del beneficio,  e
non gia' della "generalita'" dello stesso» (Consiglio di Stato,  Sez.
Quarta, 26 novembre 2009, n. 7439). (1) 
    In forza delle citate disposizioni provinciali e' stato impegnato
e pagato  l'ammontare  complessivo  di  euro  188.145,75,  dei  quali
l'importo di euro  146.176,08  si  riferisce  al  rimborso  di  spese
sostenute nell'ambito sia di  procedimenti  contabili  archiviati  ai
sensi  dell'art.  69  c.g.c.  sia  di  giudizi   di   responsabilita'
amministrativo-contabili  conclusi  con  pronunce   di   rito   (rese
nell'ambito di giudizi  di  responsabilita',  promossi  con  atti  di
citazione rinnovati a seguito della sentenza n. 12 del 15 aprile 2015
della Sezione giurisdizionale per  il  Trentino-Alto  Adige/Südtirol,
sede di Trento (2) ), con le quali e' stato chiaramente statuito  che
«nulla e' dovuto per le spese di  giudizio  poiche'  «l'art.  10-bis,
comma 10,  del  decreto-legge  30  settembre  2005,  n.  203,  [...],
stabilisce espressamente che la liquidazione delle spese ai fini  del
rimborso da parte dell'amministrazione di  appartenenza  va  disposta
solo in  caso  di  proscioglimento  nel  merito  del  convenuto,  con
esclusione di tutti gli altri casi (Sezione III Appello, n.  565  del
17 settembre 2010; n. 127 del 6 aprile 2016; ...)» (Corte dei  conti,
Sezione giurisdizionale Trento, sentenza n. 29 del 6 luglio  2016)  o
che «non e' consentito provvedere alla liquidazione  delle  spese  di
difesa in favore  dei  convenuti,  ai  fini  del  rimborso  da  parte
dell'Amministrazione  di   appartenenza»   (Sezione   giurisdizionale
Trento, sentenza n. 23 del 7 luglio 2016). 
    In relazione alle criticita' prospettate in sede di sintesi degli
esiti istruttori, l'Amministrazione ha, in primo luogo, replicato che
l'istituto in  questione  non  attiene  alla  materia  di  competenza
legislativa  esclusiva  statale  dell'ordinamento  civile   e   della
giustizia amministrativa ex art. 117,  comma  2,  lettera  l),  della
Costituzione, bensi' rientra nella materia dello  «ordinamento  degli
uffici provinciali e del personale ad essi  addetto»,  rispetto  alla
quale la Provincia autonoma di Trento, ai sensi dell'art. 8, comma 1,
n. 1), dello Statuto speciale di autonomia, esercita  una  competenza
legislativa primaria. «In particolare»,  continua  la  Provincia  «in
attuazione di questa competenza legislativa primaria, il  legislatore
provinciale ha dettato una disciplina del rapporto di servizio  o  di
impiego, intercorrente tra la Provincia ed i propri dipendenti [e] il
rimborso delle spese legali e' un istituto che attiene al rapporto di
servizio [...], rispetto al quale, pertanto,  la  Provincia  autonoma
esercita la ridetta competenza legislativa primaria». 
    In secondo luogo, l'Amministrazione ha sostenuto che  «l'istituto
del rimborso delle spese  legali  non  incide  in  alcun  modo  sulla
disciplina  della  liquidazione  delle  spese  operata  dal   giudice
nell'ambito del giudizio in cui il dipendente  provinciale  e'  stato
coinvolto. [...] L'istituto del rimborso  delle  spese  legali  quale
disciplinato  dal  legislatore  provinciale  non  sostituisce  e  non
modifica la liquidazione giudiziale delle spese, ma ne tiene conto ai
soli fini della concreta quantificazione del rimborso [...]. In altri
termini, nel caso in cui le spese liquidate in  via  giudiziale  sono
inferiori  a   quelle   effettivamente   sostenute   dal   dipendente
provinciale per curare la propria difesa in giudizio,  la  disciplina
provinciale garantisce il rimborso delle spese legali  sostenute  dal
dipendente per la parte eccedente il quantum liquidato  dal  giudice,
purche' debitamente documentate (cfr. art. 92, comma 4, della l.p. n.
12/1983); diversamente, quando le spese liquidate  dal  giudice  sono
superiori o uguali a quelle effettivamente sostenute dal  dipendente,
la  Provincia  procede  al  rimborso  nella  misura  riconosciuta  in
sentenza». 
    Da  ultimo,  in  relazione  alla  conformita'  della   disciplina
provinciale rispetto al dettato costituzionale, l'Amministrazione  ha
precisato «come il Governo non abbia mai sollevato  alcuna  questione
di legittimita'  costituzionale  rispetto  all'art.  92  della  legge
provinciale 29 aprile 1983, n. 12». (3) 
    Permangono, in conclusione, le criticita' evidenziate,  ritenendo
che le disposizioni recate dall'art. 92 della l.p. 29 aprile 1983, n.
12 e dall'art. 18 della l.p. 27 agosto  1999,  n.  3  eccedano  dalle
competenze statutarie, violando la competenza attribuita  allo  Stato
in materia di ordinamento civile e giustizia  amministrativa  di  cui
all'art. 117, comma 2, lettera l) della Costituzione, e  contrastando
altresi' con i parametri costituzionali di cui agli articoli  3,  81,
97 e 119, comma 1, della  Costituzione  (cfr.  Corte  costituzionale,
sentenza n. 19 del 2014 (4) . 
    Si dubita, pertanto, della legittimita' degli impegni  assunti  e
dei pagamenti riferiti al capitolo di spesa  n.  151750-003  (per  un
importo complessivo di euro 146.176,08), a titolo di  rimborso  delle
spese  legali  relative  a  procedimenti   contabili   conclusi   con
provvedimento di archiviazione o definiti con sentenze di  mero  rito
che escludevano il diritto  dei  convenuti  al  ristoro  delle  spese
sostenute». 
    La materia del rimborso delle spese legali ai dipendenti  e  agli
amministratori appare riconducibile alla legislazione esclusiva dello
Stato, ai sensi della  lettera  l)  dell'art.  117,  comma  2,  della
Costituzione,   che   individua   il   seguente   ambito   normativo:
«giurisdizione e norme  processuali;  ordinamento  civile  e  penale;
giustizia amministrativa». 
    Queste Sezioni riunite, nel giudizio di parifica del capitolo  di
spesa n. 151750-003, devono decidere dell'applicazione  di  norme  di
leggi provinciali, della cui legittimita' costituzionale si dubita. 
    Qualora, infatti, fosse acclarata l'illegittimita' costituzionale
delle norme provinciali  sopra  richiamate,  rilevanti  ai  fini  del
bilancio  provinciale,  le  corresponsioni  dei  relativi  importi  a
dipendenti provinciali risulterebbero prive  di  copertura  normativa
sostanziale, con possibilita' di non parificare il relativo capitolo. 
    Le indicate criticita' sono state rappresentate da queste Sezioni
riunite  alla  Provincia  autonoma  di   Trento   anche   nel   corso
dell'udienza  camerale,  svoltasi  il   19   giugno   2019   con   la
partecipazione del procuratore regionale. 
    La Procura, intervenendo  nella  predetta  udienza  camerale,  ha
chiesto  all'Amministrazione  chiarimenti  al  riguardo,   sollevando
perplessita' sulla legittimita' costituzionale  delle  ridette  norme
provinciali. 
    Inoltre, la Procura,  in  data  27  giugno  2019,  ha  depositato
memoria conclusionale, con cui ha chiesto di sollevare  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 92, commi 1, 3  e  5-ter  della
legge provinciale n. 12/1983 e dell'art. 18 della  legge  provinciale
n. 3/1999, in relazione  ai  parametri  costituzionali  di  cui  agli
articoli 81 e 117, comma 2, lettera l) della Costituzione. 
    Nella pubblica udienza del 28 giugno  2019  si  e'  celebrato  il
giudizio di parificazione e  il  contraddittorio  si  e'  svolto  con
l'intervento del magistrato relatore, della Procura regionale, che ha
confermato oralmente le conclusioni scritte, e del  Presidente  della
Giunta provinciale. 
    Con la decisione n. 4/PARI/2019 di pari data e' stato  parificato
il  rendiconto  generale  della  Provincia  autonoma  di  Trento  per
l'esercizio 2018, approvato  dalla  Giunta  provinciale  in  data  19
aprile 2019 con deliberazione n. 516, ad eccezione, per quel  che  in
questa  sede  rileva,  del  capitolo  151750-003  (per   un   importo
complessivo di euro 146.176,08), sospendendo il giudizio di  parifica
al fine di  sollevare  pregiudizialmente  questione  di  legittimita'
costituzionale, in riferimento ai parametri stabiliti dagli  articoli
3, 81, 97, 103, comma 2, 117, comma 2, lettera l)  e  119,  comma  1,
della Costituzione, dell'art. 92 della legge  provinciale  29  aprile
1983, n. 12 e s.m. e dell'art. 18 della legge provinciale  27  agosto
1999, n. 3 e s.m. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. Il decreto del Presidente della Repubblica 15 luglio 1988,  n.
305, recante «Norme di  attuazione  dello  statuto  speciale  per  la
Regione  Trentino-Alto  Adige  per  l'istituzione  delle  sezioni  di
controllo della Corte dei conti di Trento  e  di  Bolzano  e  per  il
personale ad esse addetto», dispone all'art. 10, comma 1, come  cosi'
sostituito dall'art. 1, comma 3, del decreto legislativo 14 settembre
2011, n. 166 che «Il rendiconto generale della Regione e quello delle
Province di Trento e di Bolzano sono parificati dalle Sezioni riunite
nella Regione Trentino-Alto Adige, con  un  Collegio  composto  dalle
Sezioni di controllo  delle  Province  di  Trento  e  di  Bolzano  in
adunanza congiunta». 
    Al giudizio di  parificazione  del  rendiconto  si  applicano  le
disposizioni di cui all'art. 1, comma 5, del decreto-legge 10 ottobre
2012, n. 174, convertito con modificazioni  dalla  legge  7  dicembre
2012, n. 213, secondo cui «Il rendiconto generale  della  regione  e'
parificato dalla sezione regionale di controllo della Corte dei conti
ai sensi degli articoli 39, 40 e 41 del t. u. di cui al regio decreto
12 luglio 1934, n. 1214. Alla decisione di parifica e'  allegata  una
relazione nella quale la Corte dei conti formula le sue  osservazioni
in merito alla legittimita'  e  alla  regolarita'  della  gestione  e
propone le misure di correzione  e  gli  interventi  di  riforma  che
ritiene necessari al fine, in particolare, di assicurare l'equilibrio
del bilancio e di migliorare l'efficacia e l'efficienza della  spesa.
La decisione di parifica e la relazione sono trasmesse al  presidente
della giunta regionale e al consiglio regionale». 
    Gli articoli del testo unico delle leggi sulla  Corte  dei  conti
richiamati si riferiscono alla parifica del rendiconto generale dello
Stato e disciplinano la procedura del giudizio di parificazione (art.
40), il profilo contenutistico (art.  39)  e  la  contestualizzazione
dell'attivita' di parifica con una  relazione  sul  rendiconto  (art.
41). Nel corso del giudizio  di  parifica  le  Sezioni  regionali  di
controllo  della  Corte  dei  conti,   quali   in   questa   speciale
composizione le Sezioni riunite regionali, vale a  dire  il  collegio
composto dalle Sezioni di controllo delle Province  di  Trento  e  di
Bolzano  in  adunanza  congiunta,  svolgono  il  ruolo  di   «garante
imparziale dell'equilibrio economico-finanziario del settore pubblico
che il legislatore ha attribuito alla Corte dei conti e che e'  stato
confermato dalla Corte costituzionale con  la  sentenza  n.  60/2013,
nella quale, in linea  con  la  pregressa  giurisprudenza,  e'  stato
ribadito che  «alla  Corte  dei  conti  e'  attribuito  il  controllo
sull'equilibrio    economico-finanziario    del    complesso    delle
amministrazioni  pubbliche  a  tutela  dell'unita'  economica   della
Repubblica, in riferimento a parametri costituzionali  (articoli  81,
119   e   120   della   Costituzione)   e   ai   vincoli    derivanti
dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea (articoli 11 e  117,
primo comma, della Costituzione)». 
    Infatti,  come  puntualizza  l'art.  1,  comma  1,   del   citato
decreto-legge n. 174/2012, con riferimento al giudizio  di  parifica,
«al fine di rafforzare il coordinamento della  finanza  pubblica,  in
particolare tra i livelli  di  Governo  statale  e  regionale,  e  di
garantire   il   rispetto   dei    vincoli    finanziari    derivanti
dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea, le disposizioni del
presente articolo sono volte ad adeguare, ai sensi degli articoli 28,
81, 97, 100 e 119 della Costituzione, il controllo  della  Corte  dei
conti sulla gestione finanziaria delle regioni  di  cui  all'art.  3,
comma 5, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, e all'art. 7,  comma  7,
della legge 5 giugno 2003, n. 131, e successive modificazioni». 
    2. Nel corso dell'esame del conto  del  bilancio  del  rendiconto
generale della Provincia autonoma di Trento per l'esercizio 2018,  il
magistrato istruttore si e' soffermato sulla verifica della spesa del
personale, con particolare attenzione ai rimborsi delle spese  legali
ai dipendenti provinciali in occasione di giudizi  civili,  penali  e
contabili. 
    Dalle risultanze contabili e' emerso  che  nel  2018  sono  state
pagate, a tale titolo, risorse per complessivi  euro  188.145,75  sul
Cap. 151750-003, di  cui  euro  146.176,08  riferito  a  procedimenti
contabili archiviati ai sensi dell'art. 69 del  Codice  di  giustizia
contabile, approvato con decreto legislativo 26 agosto 2016, n.  174,
nonche'  a  giudizi   di   responsabilita'   amministrativo-contabile
conclusi con pronunce di rito. 
    3. Sul quadro contabile cosi' descritto rilevano, in particolare,
le summenzionate disposizioni della l.p. n. 12/1983 e  s.m.  e  della
l.p.  n.  3/1999  e  s.m.  Queste  Sezioni  riunite  dubitano   della
legittimita'  costituzionale   delle   predette   disposizioni,   per
contrasto con gli articoli 3, 81, 97, 103, comma  2,  117,  comma  2,
lettera l) e 119, comma 1 della  Costituzione.  Conseguentemente,  le
Sezioni riunite non hanno potuto parificare il capitolo  di  bilancio
n. 151750-003, sul quale sono imputati i pagamenti per rimborsi delle
spese legali sostenute dai dipendenti provinciali. 
    Tuttavia, prima di illustrare la non  manifesta  infondatezza  di
tali dubbi, si ritiene necessario soffermarsi  preliminarmente  sulla
legittimazione di questa Corte  ad  adire  il  giudice  delle  leggi,
nonche' sulla rilevanza della questione nel giudizio in corso. 
    4. Per quanto riguarda la legittimazione  delle  Sezioni  riunite
per la Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol a sollevare questioni  di
legittimita' costituzionale in sede di parificazione del  rendiconto,
si osserva che questo giudizio si  svolge  con  le  formalita'  della
giurisdizione contenziosa, prevede la partecipazione del  Procuratore
regionale     in     contraddittorio     con     i     rappresentanti
dell'Amministrazione e si conclude  con  una  pronunzia  adottata  in
esito a pubblica udienza, sicche' la consolidata giurisprudenza della
Corte costituzionale (ex  multis  sentenze  nn.  213/2008,  196/2018,
138/2019, 146/2019) ha riconosciuto «alla Corte dei conti, in sede di
giudizio  di  parificazione  del  bilancio,   la   legittimazione   a
promuovere, in riferimento all'art. 81 della Costituzione,  questione
di legittimita' costituzionale, avverso tutte quelle disposizioni  di
legge che determinino  effetti  modificativi  dell'articolazione  del
bilancio per il fatto stesso di incidere,  in  senso  globale,  sulle
unita' elementari, vale a  dire  sui  capitoli,  con  riflessi  sugli
equilibri  di  gestione,  disegnati  con  il  sistema  dei  risultati
differenziali» (sentenza n. 213/2008). 
    Di recente, con la sentenza n. 138/2019, la Corte  costituzionale
ha ribadito quanto segue: «Per quanto concerne la  Corte  dei  conti,
plurime  pronunce  di  questa  Corte   ne   hanno   riconosciuto   la
legittimazione a sollevare questioni di costituzionalita'  nel  corso
del giudizio di parificazione (sentenze n. 196 del 2018, n.  181  del
2015, n. 213  del  2008,  n.  121  del  1966  e  n.  165  del  1963).
Coerentemente  con  la  natura  di  tale   specifica   funzione,   la
legittimazione  della  Corte  dei  conti  in  sede  di  giudizio   di
parificazione e' stata costantemente riconosciuta con riferimento  ai
parametri costituzionali posti a tutela degli equilibri di bilancio e
della sana gestione finanziaria». 
    Ancora, a breve distanza temporale, con la sentenza  n.  146/2019
questo Ecc.mo Giudice ha  statuito  che  «...occorre  riconoscere  la
legittimazione della Corte dei conti, sezione regionale di controllo,
in sede di giudizio  di  parificazione  del  rendiconto  regionale  a
sollevare questioni di  legittimita'  costituzionale  in  riferimento
all'art. 117, secondo comma, lettera l),  della  Costituzione,  oltre
che agli articoli 81 e 97, primo comma, della Costituzione». 
    5. Se, pertanto, appare  indubbia  la  legittimazione  di  questa
Corte a sollevare questioni di legittimita' costituzionale, rilevante
e' l'individuazione dei parametri costituzionali che possono  fungere
da riferimento per l'impugnazione delle norme incidenti sul  giudizio
di parifica. 
    La risalente giurisprudenza  costituzionale  ha  riconosciuto  la
legittimazione  al  ricorso  per  contrasto  con  l'art.   81   della
Costituzione delle norme sospette di  illegittimita'  costituzionale.
Il Giudice delle leggi, dopo aver premesso che  la  Corte  dei  conti
svolge «una funzione di  garanzia  dell'ordinamento»,  di  «controllo
esterno, rigorosamente neutrale e disinteressato preordinato a tutela
del diritto oggettivo, ha affermato che «tali caratteri costituiscono
indubbio fondamento della legittimazione  della  Corte  dei  conti  a
sollevare questioni  di  costituzionalita'  limitatamente  a  profili
attinenti alla copertura finanziaria di leggi di  spesa,  perche'  il
riconoscimento   della   relativa   legittimazione,    legata    alla
specificita' dei suoi compiti nel quadro della finanza  pubblica,  si
giustifica  anche  con   l'esigenza   di   ammettere   al   sindacato
costituzionale leggi che,  come  nella  fattispecie  in  esame,  piu'
difficilmente verrebbero per altra via, ad essa sottoposte» (sentenza
n. 226/1976). 
    Proprio in relazione a queste ipotesi la Corte costituzionale  ha
auspicato (sent. n. 406/1989) che, quando l'accesso al suo  sindacato
sia reso poco agevole, come accade in relazione ai profili  attinenti
all'osservanza dell'art.  81  della  Costituzione,  i  meccanismi  di
accesso debbano essere arricchiti sostenendo, quindi,  che  la  Corte
dei  conti  e'  la  sede  piu'  adatta  a  far  valere  quei  profili
essenzialmente finalizzati alla verifica della gestione delle risorse
finanziarie, e cio' in  ragione  della  peculiare  natura  delle  sue
attribuzioni costituzionali (sentenza n. 384/1991). 
    Peraltro, il parametro di cui all'art. 81 della Costituzione deve
oggi essere  attentamente  modulato  in  considerazione  della  nuova
formulazione del precetto costituzionale, come modificato dalla legge
costituzionale 20 aprile 2012, n. 1. 
    L'art. 81, nella parte in cui introduce il concetto di equilibrio
del bilancio, riconosce rilevanza primaria a un principio,  immanente
nell'ordinamento   finanziario   delle   amministrazioni   pubbliche,
consistente nella «continua  ricerca  di  un  armonico  e  simmetrico
bilanciamento tra risorse  disponibili  e  spese  necessarie  per  il
perseguimento delle finalita' pubbliche»  (sentenze  n.  70/2012,  n.
115/2012, n. 250/2013 e n. 266/2013). 
    Il valore dell'equilibrio dei  bilanci  presenti  e  futuri  deve
essere declinato non secondo una visione statica, cristallizzata  con
esclusivo riferimento al momento  temporale  dell'esame  del  singolo
rendiconto, bensi' in una dimensione dinamica e prospettica, in  modo
assolutamente coerente ed integrato, secondo esigenze  meritevoli  di
disciplina  uniforme  sull'intero  territorio  nazionale,  attraverso
altri parametri costituzionali, quali gli articoli 3, 97, 117,  comma
2, lettera l) e 119, comma 1, della Costituzione, venendo ad assumere
consistenza di vera e propria «clausola generale in grado di  colpire
direttamente  tutti  gli  enunciati  normativi   causa   di   effetti
perturbanti la sana gestione finanziaria e  contabile»  (sentenza  n.
192/2012; in tal senso anche sentenza n.  184/2016  e  n.  274/2017).
D'altra parte, il principio di sana gestione finanziaria richiede  un
atteggiamento  prudenziale  del  legislatore   regionale/provinciale,
evitando di costruire gli equilibri del bilancio sulla base di  poste
prive di  una  legittima  copertura  legislativa,  con  le  possibili
ripercussioni negli esercizi futuri sulla sana gestione finanziaria e
contabile dell'ente pubblico. 
    In altri termini, sarebbe irragionevole una  lettura  restrittiva
del valore costituzionalmente  protetto  dell'equilibrio  presente  e
futuro  del  bilancio,  nel  senso  di   valutare   la   legittimita'
costituzionale di norme, solo nella misura in  cui  impattano  su  un
risultato negativo della gestione finanziaria dell'ente  pubblico,  e
non anche quando, pur in presenza  di  un  saldo  positivo,  incidono
comunque sul dato quantitativo  dell'equilibrio  attuale  e,  in  una
prospettiva futura, potrebbero comportare anche  una  variazione  del
segno di detto risultato differenziale, per effetto delle  molteplici
e non prevedibili variabili del ciclo economico. 
    Tali considerazioni sono rinvenibili nelle recenti sentenze della
Corte costituzionale n. 196/2018 e n. 138/2019, nelle quali e'  stato
specificato che «La legittimazione della Corte dei conti in  sede  di
giudizio di parificazione [...] e' stata riconosciuta con riferimento
ai parametri costituzionali posti a tutela degli equilibri  economico
finanziari. A essi vanno ora accostati [...] i parametri  attributivi
di competenza legislativa esclusiva allo Stato, poiche' in tali  casi
la Regione  manca  per  definizione  della  prerogativa  di  allocare
risorse. Pertanto, entro tali materie, non vi e' intervento regionale
produttivo   di   spesa   che   non   si    traduca    immediatamente
nell'alterazione dei criteri dettati dall'ordinamento ai  fini  della
sana gestione  della  finanza  pubblica  allargata.  La  legislazione
impugnata,  che  destina  nuove  risorse  senza  che  peraltro  siano
ravvisabili  diretti  controinteressati,  non  potrebbe   agevolmente
essere sottoposta al giudizio di questa Corte per altra via  che  non
sia il giudizio di parificazione. L'esigenza di fugare  zone  d'ombra
nel controllo di costituzionalita', affermata da questa  Corte  quale
tratto costitutivo del sistema di giustizia costituzionale,  e'  tale
da  riflettersi  sui  criteri  di  valutazione   dei   requisiti   di
ammissibilita' delle questioni [...]» (Corte costituzionale, sentenza
n. 196/2018) e che «L'avanzo di amministrazione [...] non puo' essere
inteso come una sorta di utile di esercizio, il cui  impiego  sarebbe
nell'assoluta discrezionalita' dell'amministrazione.  Anzi,  l'avanzo
di amministrazione «libero» delle autonomie territoriali e'  soggetto
a un impiego tipizzato,  in  cui  non  rientrano  dazioni  [...]  non
contemplate  dalla  legge»   (Corte   costituzionale,   sentenza   n.
138/2019). Ancora, nella recente sentenza n. 146/2019 codesta  Ecc.ma
Corte ha ulteriormente precisato  che  «Nel  caso  ora  all'esame  di
questa Corte si discute di norme regionali istitutive di fondi che il
rimettente  ritiene  alimentati  con  risorse  ulteriori  e   diverse
rispetto a quelle tassativamente previste  dai  contratti  collettivi
nazionali,  in  contrasto  con  l'attribuzione  che  il   legislatore
statale,  titolare  della  competenza  legislativa  esclusiva   nella
materia «ordinamento civile», opera  alla  contrattazione  collettiva
nazionale di comparto, per la determinazione e  l'assegnazione  delle
risorse destinate al trattamento accessorio dei dipendenti  pubblici.
L'effetto  ineludibile  di  una  tale  scelta  si  riverbera  in  una
espansione  della  spesa  per  il  personale,   in   violazione   dei
«beni-valori» della contabilita' pubblica tutelati dagli articoli  81
e 97, primo comma, Cost. 
    L'art.  117,  secondo  comma,  lettera  l),  della  Costituzione,
inerente alla competenza statale esclusiva in materia di «ordinamento
civile», e' evocato in stretta connessione funzionale con  l'art.  81
della Costituzione e con l'art. 97, primo comma, della  Costituzione,
peraltro in riferimento a entrambe  le  norme  censurate.  [...].  La
violazione della competenza legislativa esclusiva statale in tema  di
disciplina  del  trattamento  accessorio  del   personale   regionale
ridonderebbe in una lesione dell'equilibrio di bilancio e della  sana
gestione finanziaria, ai sensi degli articoli 97, primo comma,  e  81
della  Costituzione.  Sono  questi  i  valori  alla  cui  tutela   e'
preordinata la  Corte  dei  conti,  cui  spetta  accertare  tutte  le
«irregolarita'» poste in essere dagli enti territoriali  suscettibili
di pregiudicarli, secondo quanto stabilito dall'art. 1, comma 3,  del
decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, recante «Disposizioni  urgenti
in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali nonche'
ulteriori disposizioni in favore delle zone  terremotate  nel  maggio
2012», convertito, con modificazioni, in legge 7  dicembre  2012,  n.
213 (sentenze n. 18 del 2019 e n. 196 del 2018)». 
    6. Non puo', d'altra parte, non  rimarcarsi  l'onere  finanziario
derivante  da  siffatte  disposizioni,  che  possono  innescare   una
dinamica espansiva della spesa corrente, tenuto conto che gli importi
impegnati per rimborso delle spese legali hanno  assunto  negli  anni
valori significativi. 
    Il solo precetto di cui all'art. 81  della  Costituzione  non  e'
quindi piu' di per  se'  sufficiente  a  garantire  la  tenuta  degli
equilibri finanziari, da considerarsi anche in prospettiva futura, ed
il rispetto dei principi  che  regolano  la  gestione  delle  risorse
pubbliche, come ormai  acclarato  dalla  giurisprudenza  della  Corte
costituzionale. 
    Infine,  questo   Collegio   ribadisce   che   il   giudizio   di
parificazione, allo stato  della  legislazione  vigente,  e'  l'unica
possibilita' offerta dall'ordinamento per sottoporre a  scrutinio  di
costituzionalita' in via  incidentale,  in  riferimento  ai  principi
costituzionali  in  materia  di  finanza  pubblica,  le  disposizioni
legislative  che,  incidendo   sui   singoli   capitoli,   modificano
l'articolazione del bilancio e  ne  possono  alterare  gli  equilibri
complessivi. 
    Conseguentemente, ove si escludesse la legittimazione  di  questa
Corte a sollevare questioni di costituzionalita'  in  riferimento  ai
parametri sopra individuati, si verrebbe  a  creare,  di  fatto,  una
sorta di spazio legislativo immune dal controllo di costituzionalita'
attivabile   in   via   incidentale,   laddove   la    giurisprudenza
costituzionale ha riconosciuto la  legittimazione  della  Sezione  di
controllo a sollevare questioni di legittimita' costituzionale  anche
in relazione all'esigenza di  assicurare  al  sindacato  della  Corte
costituzionale leggi  provinciali  che,  come  nella  fattispecie  in
esame,  piu'  difficilmente  verrebbero,  per  altra  via,  ad   essa
sottoposte  (Corte  costituzionale   sentenza   n.   226/1976).   Per
un'ulteriore conferma di tale  approdo  interpretativo,  si  richiama
ancora una volta la  recente  sentenza  di  questa  Ecc.ma  Corte  n.
146/2019, ove e' stato affermato quanto segue: 
    «Anche nel caso ora in  esame  la  legislazione  censurata,  «che
destina nuove risorse senza e che  [...]  siano  ravvisabili  diretti
controinteressati, non  potrebbe  agevolmente  essere  sottoposti  al
giudizio di questa Corte per altra via che non  sia  il  giudizio  di
parificazione» (sentenza n. 196 del 2018, par. 2.1.2. del Considerato
in diritto). 
    L'esigenza   di   fugare   zone   d'ombra   nel   controllo    di
costituzionalita', affermata da questa Corte quale tratto costitutivo
del sistema di giustizia  costituzionale,  con  particolare  riguardo
alla specificita' dei compiti assegnati  alla  Corte  dei  conti  nel
quadro della finanza pubblica (sentenza n. 18 del 2019), e'  tale  da
riflettersi, anche ai limitati fini del caso di cui qui  si  discute,
sui criteri di valutazione  dei  requisiti  di  ammissibilita'  delle
questioni». 
    Ritengono, pertanto, queste Sezioni riunite di essere legittimate
a sollevare questioni di legittimita' costituzionale,  non  solo  con
riferimento all'art. 81 della Costituzione, ma anche con riferimento,
nel caso di specie, agli articoli 3, 97, 103, comma 2, 117, comma  2,
lettera l) e 119, comma 1, della Costituzione evidenziando pur sempre
tali violazioni dei precetti costituzionali un'ineludibile ridondanza
sugli  equilibri  di  bilancio  (Corte  costituzionale,  sentenze  n.
196/2018, n. 18/2019, n. 138/2019, n. 146/2019). 
    7. La questione di costituzionalita' che si intende sollevare  e'
rilevante nel presente giudizio. 
    Come disposto dall'art. 39 del  testo  unico  delle  leggi  sulla
Corte dei conti (regio decreto 12 luglio 1934,  n.  1214),  al  quale
l'art. 1, comma 5, del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174  rinvia,
l'oggetto del giudizio di parifica e' il seguente: «La Corte verifica
il rendiconto generale dello Stato e ne confronta i  risultati  tanto
per le entrate, quanto per le spese, ponendoli  a  riscontro  con  le
leggi del bilancio. A tale effetto verifica se le entrate riscosse  e
versate ed  i  resti  da  riscuotere  e  da  versare  risultanti  dal
rendiconto, siano conformi ai dati esposti nei conti periodici e  nei
riassunti generali trasmessi alla Corte dai singoli ministeri; se  le
spese  ordinate  e  pagate  durante  l'esercizio  concordino  con  le
scritture tenute o controllate  dalla  Corte  ed  accerta  i  residui
passivi in base alle dimostrazioni allegate ai  decreti  ministeriali
di  impegno  ed  alle  proprie  scritture.  La   Corte   con   eguali
accertamenti verifica i rendiconti, allegati al rendiconto  generale,
delle aziende, gestioni ed amministrazioni  statali  con  ordinamento
autonomo soggette al suo riscontro». 
    Come e' gia' stato evidenziato, la Corte costituzionale,  con  la
sentenza n. 213/2008, ha affermato la legittimazione della Corte  dei
conti in sede di giudizio di parificazione a sollevare  questione  di
legittimita' costituzionale «avverso  tutte  quelle  disposizioni  di
legge che determinino  effetti  modificativi  dell'articolazione  del
bilancio per il fatto stesso di incidere,  in  senso  globale,  sulle
unita' elementari, vale a  dire  sui  capitoli,  con  riflessi  sugli
equilibri  di  gestione,  disegnati  con  il  sistema  dei  risultati
differenziali». 
    Nel caso di specie, le norme di cui si sospetta  l'illegittimita'
costituzionale incidono sull'articolazione della spesa e sul  quantum
della  stessa,  determinandone  un  effetto   espansivo,   anche   in
prospettiva futura. 
    Difatti, nel momento in cui queste Sezioni  riunite,  nell'ambito
del giudizio di  parifica,  devono  prendere  in  esame  il  capitolo
destinato  al  rimborso  delle  spese   legali   ai   dipendenti   ed
amministratori provinciali,  dovrebbero  dare  applicazione  a  norme
provinciali  della  cui  legittimita'   costituzionale   si   dubita.
Pertanto, vi sarebbe una copertura della spesa meramente formale,  ma
non   sostanziale.   Qualora   fosse    acclarata    l'illegittimita'
costituzionale  di  una  norma  che  rileva  ai  fini  del   bilancio
provinciale, le spese sostenute per la corresponsione di dette  somme
sarebbero prive di copertura sostanziale, con conseguente  violazione
del precetto costituzionale di cui all'art. 81, comma 4  (oggi  comma
3), della Costituzione. 
    D'altro canto, nella fattispecie de qua la parifica del  capitolo
di bilancio n. 151750-003,  per  l'importo  di  euro  146.176,08,  e'
incisa dalle  contestate  leggi  provinciali,  che  recano  norme  di
autorizzazione  dei  relativi  impegni  e  pagamenti,  con  inferente
evidenza della rilevanza nel presente  giudizio  della  questione  di
costituzionalita' che si intende sollevare. 
    Alla luce delle suesposte considerazioni, nella vigenza di  dette
leggi provinciali, queste Sezioni riunite  dovrebbero  parificare  il
rendiconto della Provincia autonoma di Trento e, in  particolare,  la
posta di bilancio (euro 146.176,08) afferente al rimborso delle spese
legali ai  dipendenti  ed  amministratori  provinciali  coinvolti  in
procedimenti contabili conclusi con l'archiviazione o con pronunce di
rito, ontologicamente differenti dall'assoluzione. 
    Pertanto, la verifica della spesa del personale  nell'ambito  del
giudizio di parifica, con riferimento alle  fattispecie  evidenziate,
consente a queste  Sezioni  riunite  di  ergersi  garante  imparziale
dell'equilibrio  economico-finanziario  attuale  e  prospettico   del
settore pubblico che il legislatore  ha  attribuito  alla  Corte  dei
conti. 
    In tal senso, si giustifica una parifica parziale con esclusione,
quindi, della posta di spesa esaminata. 
    Nella fattispecie de qua, la parifica del capitolo  di  spesa  n.
151750-003 comporta l'applicazione dell'art. 92 della l.p. n. 12/1983
e s.m. e dell'art. 18 della l.p. n.  3/1999  e  s.m.  Ne  deriva,  in
ordine al requisito della rilevanza, che queste Sezioni  riunite,  se
non  dubitassero  della  legittimita'  costituzionale  delle   citate
disposizioni provinciali, dovrebbero  necessariamente  parificare  il
summenzionato capitolo di bilancio,  con  riferimento  al  contestato
importo di euro 146.176,08, che costituisce una spesa sostenuta dalla
Provincia autonoma di Trento in applicazione di norme provinciali  in
chiaro contrasto con il dettato costituzionale e  con  la  disciplina
nazionale.  Non  appare  tantomeno  percorribile   un'interpretazione
costituzionalmente orientata delle ridette disposizioni  provinciali,
atteso l'inequivocabile contenuto delle stesse, che non lascia  spazi
a  differenti  possibili  interpretazioni  e   ad   un'attivita'   di
applicazione conformativa al testo costituzionale. 
    Questo Collegio ritiene, pertanto, di non poter  applicare  norme
provinciali di cui si  sospetta  l'illegittimita'  costituzionale  e,
conseguentemente, di  non  poter  parificare  il  capitolo  di  spesa
richiamato per l'ammontare di euro 146.176,08. Diversamente opinando,
queste Sezioni riunite della Corte dei conti, se avessero  parificato
il capitolo di cui trattasi, in applicazione delle  norme  censurate,
si sarebbero trovate nella condizione di  validare  un  risultato  di
amministrazione  non  corretto,  relativo  a   una   spesa   ritenuta
illegittima, tradendo la propria missione istituzionale di  accertare
eventuali  «irregolarita'  suscettibili  di  pregiudicare,  anche  in
prospettiva, gli equilibri economico-finanziari degli enti»  ex  art.
1, comma 3, del decreto-legge n. 174 del 2012 (in tal senso  si  veda
Corte costituzionale n. 146/2019). 
    Appare, pertanto, rilevante (e non manifestamente infondata, come
si  vedra'  al  punto  seguente),  la   questione   di   legittimita'
costituzionale sollevata in rapporto agli articoli 3,  81,  97,  103,
comma 2, 117, comma 2, lettera l) e 119, comma 1, della Costituzione. 
    8. Quanto alla non manifesta infondatezza, queste Sezioni riunite
dubitano, innanzitutto, della legittimita' costituzionale delle norme
provinciali citate per contrasto con l'art. 3 e con l'art. 117, comma
2, lettera l), della Costituzione. 
    Gia'  con  la  sentenza  n.  19/2014,  la  Corte  costituzionale,
pronunciandosi su una legge della Provincia autonoma di  Bolzano  che
disciplinava i presupposti per il  rimborso  delle  spese  legali  ai
dipendenti   provinciali,   consentendo   la    disapplicazione    di
un'eventuale statuizione di compensazione delle spese processuali, ha
statuito  che  le  censure  di  costituzionalita'  prospettate  dalla
Presidenza  del   Consiglio   dei   ministri,   «sono   fondate,   in
considerazione della medesima surrichiamata giurisprudenza di  questa
Corte  relativa  al  riparto   delle   competenze   in   materia   di
responsabilita' amministrativa, poiche' [...] incidendo sulla materia
«ordinamento civile» e  «giustizia  amministrativa»,  si  disciplina,
peraltro in senso difforme dalla normativa statale, il  regime  delle
condizioni alla presenza delle quali le spese  legali  sostenute  dai
soggetti sottoposti al giudizio della Corte dei conti sono rimborsate
dall'amministrazione  di  appartenenza,  eccedendo  dalle  competenze
statutarie». 
    Le  medesime   considerazioni   possono   ripetersi   anche   con
riferimento alle norme di cui all'art. 92 della  l.p.  di  Trento  n.
12/1983 e s.m. e all'art. 18 della l.p. di Trento n. 3/1999  e  s.m.,
in  quanto  contrastanti  con   l'ordinamento   della   giurisdizione
contabile nella parte in cui autorizzano rimborso delle spese  legali
a favore di dipendenti ed amministratori  in  difformita'  di  quanto
prescritto  dalla  normativa   nazionale.   Invero,   la   disciplina
provinciale,  come  di  seguito  meglio  esposto,  dispone  in  linea
generale la rifusione  delle  spese  legali  a  carico  del  bilancio
provinciale in tutti i procedimenti contabili conclusi senza sentenza
di   condanna   (includendo,   tra   l'altro,   anche   archiviazioni
preprocessuali e sentenze di rito) e procedimenti penali definiti  ex
art. 531 del codice di procedura penale a seguito di  estinzione  del
reato per prescrizione o  amnistia,  laddove  la  disciplina  statale
consente la rifusione  delle  spese  di  giudizio  solo  in  caso  di
sentenza di piena assoluzione nel merito. 
    9.  Occorre,  preliminarmente,  escludere  che  la  materia   del
rimborso  delle  spese  legali  sia  riconducibile  alle   competenze
legislative della Provincia autonoma di  Trento.  Il  rimborso  delle
spese legali ai dipendenti che,  in  conseguenza  di  fatti  ed  atti
connessi all'espletamento del servizio e dei compiti d'ufficio, siano
soggetti  a  procedimenti  di  responsabilita'   civile,   penale   o
amministrativa, e' una componente dello stato giuridico ed  economico
del personale della pubblica amministrazione («ordinamento civile») e
interferisce con  la  disciplina  della  giurisdizione  e  giustizia,
penale e amministrativa (rectius contabile). 
    La Provincia  autonoma  di  Trento  e'  titolare  della  potesta'
legislativa primaria e secondaria nelle materie di cui agli  articoli
8 e 9 dello Statuto  speciale  per  il  Trentino-Alto  Adige/Südtirol
(decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670),  ed
in particolare in quella di «ordinamento degli uffici  provinciali  e
del personale ad essi addetto». 
    Con  precipuo  riferimento  a  questo  ambito  della   competenza
statutaria, la Corte costituzionale ha, con la  recente  sentenza  n.
62/2019, ribadito la necessita' di distinguere  i  profili  normativi
relativi  al  rapporto  di  lavoro  da   quelli   organizzativi.   In
particolare, il Giudice delle leggi ha ancora una volta affermato che
la disciplina del lavoro pubblico contrattualizzato (come nel caso di
specie),   essendo   interesse   collettivo,   necessita    di    una
regolamentazione uniforme sul territorio  nazionale  ed  e'  attratta
dall'ordinamento civile ai sensi dell'art. 117, comma 2, lettera  l),
della Costituzione. 
    E' ben noto, per essere stato anche  piu'  volte  riaffermato  da
codesta Ecc.ma Corte (cfr.  Corte  costituzionale,  n.  151/2010  con
riferimento ad altra regione a statuto speciale)  che  la  disciplina
del rapporto di lavoro del dipendente pubblico, anche regionale - ora
contrattualizzato - rientra appunto  nella  materia  dell'ordinamento
civile. Detta disciplina, ad  evitare  ingiustificate  disparita'  di
trattamento tra i dipendenti di diversi soggetti pubblici  datoriali,
deve essere «uniforme sul territorio nazionale e imporsi  anche  alle
regioni a statuto speciale» (Corte costituzionale, sentenza cit.). 
    Al riguardo, anche con la sentenza n. 138/2019 di questo  giudice
e'  stato  ricordato  come,  «a  seguito  della  privatizzazione  del
pubblico  impiego,  la  disciplina  del  trattamento   giuridico   ed
economico dei dipendenti pubblici - tra i quali, ai  sensi  dell'art.
1, comma 2, del decreto legislativo 30  marzo  2001,  n.  165  (Norme
generali  sull'ordinamento   del   lavoro   alle   dipendenze   delle
amministrazioni pubbliche), sono ricompresi anche i dipendenti  delle
regioni - compete unicamente al legislatore statale, rientrando nella
materia 'ordinamento civile' (ex multis, sentenze n. 72 del 2017;  n.
257 del 2016; n. 180 del 2015; n. 269, n. 211  e  n.  17  del  2014)»
(sentenza n. 175 del 2017 e sentenza n. 196 del 2018)». 
    Ad avviso di questo remittente, pertanto, le  disposizioni  delle
leggi provinciali censurate violerebbero l'art. 117, comma 2, lettera
l),  della  Costituzione,  che  riserva   allo   Stato   la   materia
dell'ordinamento civile e, quindi,  la  disciplina  dei  rapporti  di
pubblico   impiego   privatizzato   regolati   dalla   contrattazione
collettiva. 
    Appare altresi' utile citare la sentenza n. 81/2017  della  Corte
costituzionale,  chiamata  a  pronunciarsi  su  una  peculiare  norma
regionale del Veneto, che aveva istituito un fondo per il  patrocinio
legale gratuito agli addetti  delle  polizie  locali  e  delle  Forze
dell'ordine  operanti  nel  territorio  regionale,   destinatari   di
procedimenti legali nell'esercizio delle proprie funzioni. 
    Codesta Ecc.ma Corte ha  cosi'  statuito:  «secondo  la  costante
giurisprudenza di questa Corte, per effetto della privatizzazione del
rapporto di lavoro alle dipendenze delle  pubbliche  amministrazioni,
la regolamentazione  dello  stesso  concerne  una  materia  attinente
all'ordinamento civile, attratta  nella  competenza  esclusiva  dello
Stato.  La   disciplina   del   rapporto   di   lavoro   e'   infatti
contraddistinta dal concorso  della  fonte  legislativa  statale  (le
previsioni imperative del decreto legislativo  n.  165  del  2001)  e
della contrattazione collettiva (art. 2 del  decreto  legislativo  n.
165 del  2001),  «alla  quale,  in  forza  della  legge  statale,  e'
attribuita una potesta' regolamentare di ampia  latitudine»  (tra  le
piu' recenti, sentenza n. 175 del 2016; nello stesso senso,  sentenza
n. 180 del 2015). Il «patrocinio legale gratuito» del personale degli
enti locali, per fatti ed atti connessi all'espletamento del servizio
ed  all'adempimento  dei  compiti  d'ufficio,  in   procedimenti   di
responsabilita' civile o penale, costituisce un aspetto del  rapporto
di  lavoro  [...]  Tale  patrocinio  e'  disciplinato  dai  contratti
collettivi nazionali di lavoro  del  comparto  regioni  ed  autonomie
locali - sia per i non dirigenti (art. 28  del  Contratto  collettivo
nazionale di lavoro per il personale del  comparto  delle  Regioni  e
delle autonomie locali del 14 settembre 2000), sia  per  i  dirigenti
(art. 12 del Contratto collettivo nazionale di lavoro dell'area della
dirigenza del comparto delle Regioni e delle autonomie locali del  12
febbraio 2002)  -,  i  quali  stabiliscono  presupposti  e  modalita'
dell'assunzione dell'onere delle spese di difesa a carico degli  enti
alle cui dipendenze e' prestata  l'attivita'  lavorativa.  La  sicura
inerenza di detto patrocinio alla regolamentazione  del  rapporto  di
lavoro impone  dunque  di  affermare  che  la  norma  impugnata  reca
prescrizioni concernenti la materia «ordinamento civile».  [...].  La
norma in esame  e'  dunque  costituzionalmente  illegittima,  poiche'
viola la sfera di competenza legislativa esclusiva dello Stato  nella
materia «ordinamento civile» (art. 117,  secondo  comma,  lettera  l,
della Costituzione)». 
    Alla stregua di quanto appena  esposto,  neppure  le  particolari
prerogative  autonomistiche  riconosciute  dallo  statuto   e   dalle
relative norme di attuazione (in particolare il  decreto  legislativo
16  marzo  1992,  n.  266)  consentono  di  superare  o  derogare  la
competenza esclusiva dello Stato nella materia in esame  (ordinamento
civile), come peraltro gia' evidenziato  dalla  Corte  costituzionale
nella sentenza n. 61/2014. 
    La  regolamentazione  del  rimborso   delle   spese   legali   e'
chiaramente  riconducibile,  quindi,  ad  un  ambito   materiale   di
esclusiva competenza statale - peraltro di carattere trasversale, che
fa riferimento ad una pluralita' di interessi e valori -  in  cui  la
Provincia  non  puo'  emanare  alcuna  normativa,  neanche  meramente
riproduttiva di quella statale. 
    10. D'altro canto, occorre  altresi'  considerare  che  l'art.  4
dello statuto di autonomia, nell'individuare i limiti  alla  potesta'
legislativa  delle  province  autonome,  precisa  quanto  segue:  «In
armonia con la Costituzione e i principi  dell'ordinamento  giuridico
della Repubblica e con il rispetto degli  obblighi  internazionali  e
degli interessi nazionali - tra i  quali  e'  compreso  quello  della
tutela delle minoranze linguistiche  locali  -  nonche'  delle  norme
fondamentali delle riforme  economico-sociali  della  Repubblica,  la
Regione ha la potesta' di emanare norme  legislative  nelle  seguenti
materie: 1) ordinamento degli uffici regionali  e  del  personale  ad
essi addetto». 
    I principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica in materia
di rimborso delle spese  legali,  cristallizzati  nella  legislazione
statale come interpretata dalla consolidata  giurisprudenza,  che  si
avra' modo di approfondire, consentono  di  autorizzare  il  rimborso
delle spese legali unicamente in presenza di una sentenza che escluda
definitivamente la responsabilita' del dipendente. 
    E', pertanto, interesse nazionale che tale peculiare  disciplina,
anche in ragione  di  prevalenti  esigenze  di  tutela  del  pubblico
erario, sia uniforme su tutto il territorio, a  garanzia  dell'unita'
giuridica   ed   economica   della   Repubblica   (art.   120   della
Costituzione). 
    11. Alla stregua di quanto appena esposto, le disposizioni recate
dall'art. 92 della l.p. n. 12/1983 e s.m. e dall'art. 18  della  l.p.
n. 3/1999 e s.m. violano l'art.  117,  comma  2,  lettera  l),  della
Costituzione, perche', individuando e definendo i presupposti per  il
rimborso delle spese legali in modo assolutamente antitetico rispetto
alla normativa nazionale, invadono la sfera riservata alla competenza
legislativa esclusiva dello  Stato,  in  quanto  inerente,  sotto  il
profilo sia sostanziale sia processuale, alla  giurisdizione  e  alle
norme  processuali,   all'ordinamento   civile   e   alla   giustizia
amministrativa, nella quale e' ricompresa la giustizia contabile. 
    Prima di soffermarsi  specificatamente  sui  singoli  profili  di
illegittimita'  costituzionale,  ulteriori  rispetto  a  quanto  gia'
rappresentato,   occorre,   per   maggiore   chiarezza    espositiva,
confrontare le due disposizioni provinciali prima  ricordate  con  la
normativa nazionale, al  fine  di  rendere  ictu  oculi  evidente  il
superamento dei limiti posti dalla normativa statale di riferimento. 
    12. Appare, quindi, opportuno soffermarsi  sulla  disamina  della
normativa statale concernente il rimborso delle spese legali e  della
relativa giurisprudenza formatasi negli anni. 
    Il primo intervento normativo di  rilievo  e'  rappresentato  dal
decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 543, convertito, con modificazioni,
dalla legge n. 639 del 20 dicembre 1996, il cui art. 3, comma  2-bis,
cosi' dispone: «In caso di definitivo  proscioglimento  ai  sensi  di
quanto previsto dal comma 1 dell' art. 1 della legge 14 gennaio 1994,
n. 20, come modificato dal comma 1 del presente  articolo,  le  spese
legali sostenute dai soggetti sottoposti al giudizio della Corte  dei
conti sono rimborsate dall'amministrazione di appartenenza». 
    Con successivo decreto-legge 25 marzo 1997,  n.  67,  convertito,
con modificazioni, dalla legge 23 maggio 1997, n. 135, il legislatore
nazionale ha previsto con l'art. 18, comma 1, primo  periodo,  quanto
segue: «Le  spese  legali  relative  a  giudizi  per  responsabilita'
civile, penale e amministrativa, promossi nei confronti di dipendenti
di amministrazioni statali in conseguenza di fatti ed  atti  connessi
con l'espletamento del servizio  o  con  l'assolvimento  di  obblighi
istituzionali e conclusi con sentenza o provvedimento che escluda  la
loro  responsabilita',  sono  rimborsate  dalle  amministrazioni   di
appartenenza nei limiti riconosciuti  congrui  dall'Avvocatura  dello
Stato». 
    In  seguito  e'  intervenuto  l'art.  10-bis,   comma   10,   del
decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, nel  testo  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, secondo  cui  «Le
disposizioni dell'art. 3, comma 2-bis, del decreto-legge  23  ottobre
1996, n. 543, convertito, con modificazioni, dalla legge 20  dicembre
1996, n. 639, e dell'art. 18, comma 1,  del  decreto-legge  25  marzo
1997, n. 67, convertito, con modificazioni,  dalla  legge  23  maggio
1997, n. 135, si interpretano nel senso che il giudice contabile,  in
caso di proscioglimento nel merito, e con la sentenza  che  definisce
giudizio, ai sensi e con le modalita' di cui all' art. 91 del  codice
di procedura civile, liquida  l'ammontare  degli  onorari  e  diritti
spettanti alla difesa del prosciolto, fermo  restando  il  parere  di
congruita' dell'Avvocatura dello Stato da esprimere  sulle  richieste
di rimborso avanzate all'amministrazione di appartenenza». 
    Da ultimo, il nuovo codice di giustizia contabile, approvato  con
il decreto legislativo 26 agosto 2016, n.  174,  ha  disciplinato  la
liquidazione delle spese processuali da parte del  giudice  contabile
con l'art. 31, comma 2, che cosi' recita: «2.  Con  la  sentenza  che
esclude  definitivamente  la   responsabilita'   amministrativa   per
accertata  insussistenza  del  danno,  ovvero,  della  violazione  di
obblighi di servizio, del nesso di causalita', del dolo o della colpa
grave, il giudice non puo' disporre la compensazione delle spese  del
giudizio e liquida, a carico dell'amministrazione di appartenenza, l'
ammontare degli onorari e dei diritti spettanti alla difesa». Come da
alcuni commentatori osservato, tra l'altro, il summenzionato art.  31
del codice di giustizia contabile, in disparte ogni disquisizione sul
carattere innovativo di detta norma e l'eventuale abrogazione  tacita
delle disposizioni prima citate, non usa piu' la locuzione  «in  caso
di proscioglimento nel merito», ma richiede quale presupposto per  la
liquidazione delle spese legali, con  espressione  piu'  specifica  e
stringente,   «la   sentenza   che   esclude    definitivamente    la
responsabilita' amministrativa per accertata insussistenza del danno,
ovvero, della violazione  di  obblighi  di  servizio,  del  nesso  di
causalita', del dolo o della colpa grave». 
    D'altra parte, la non spettanza del rimborso delle  spese  legali
in assenza di una esclusione piena  e  definitiva  nel  merito  della
responsabilita' amministrativa e' ribadita anche dall'art. 110, comma
7, del c.g.c., in base al quale: «La declaratoria di  estinzione  del
processo [anche in caso di adesione del pubblico ministero contabile]
non da' luogo a pronuncia sulle spese». 
    Dall'insieme  delle  disposizioni  appena  elencate  emerge,  con
assoluta chiarezza, che per  il  legislatore  nazionale  il  rimborso
delle  spese  legali  da  parte  delle  amministrazioni  e'   ammesso
esclusivamente in presenza di un accertamento definitivo  nel  merito
della insussistenza degli elementi costitutivi della  responsabilita'
amministrativa. 
    La giurisprudenza ha, peraltro, puntualizzato che  le  singole  e
limitate ipotesi espresse dall'ordinamento nazionale con  riferimento
al di rimborso delle spese legali sono indicative della  specificita'
del beneficio, e non gia' della generalita' dello  stesso  (Cons.  di
Stato, Sez. IV, 26 novembre  2009,  n.  7439).  Ne  segue  che  dette
disposizioni  sono  «insuscettibili  di  interpretazione   estensiva.
Inoltre, trattasi di norme di rango primario dotate di imperativita',
comportando esse oneri gravanti sui pubblici bilanci e connessi ad un
procedimento giurisdizionale»  (Corte  dei  conti,  Sez.  Marche,  20
agosto 2009, n. 236). 
    Coerentemente con la comune e inequivoca ratio sottesa all'ordito
normativo, e' stato ritenuto «non superabile», ai fini  dei  rimborsi
in  questione,  «il  limite  costituito  dal  positivo  e  definitivo
accertamento della mancanza di responsabilita' dei soggetti che hanno
sostenuto le spese  legali»,  poiche'  non  sussiste  valida  ragione
giuridica per cui l'amministrazione «dovrebbe farsi carico  di  spese
sostenute dagli interessati, derivanti da vicende a loro  imputabili»
(Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza n. 2242/2000). 
    Alla stregua di detti principi  la  Corte  dei  conti  a  sezioni
riunite, con la sentenza n. 3/2008,  ha  potuto,  pertanto,  in  modo
limpido cosi'  affermare:  «Ne  consegue  che  quando  vi  sia  stato
solamente  un  riconoscimento  della  prescrizione  del  diritto   al
risarcimento del danno (art. 1 comma 2 della legge n.  20/1994),  non
risulta possibile alcun rimborso delle  spese  legali  sostenute  dal
convenuto. Questa interpretazione del comma  2-bis  dell'art.  3  del
decreto-legge  n.  543/1996,   richiesta   dalla   sua   formulazione
letterale,  risulta  peraltro  coerente  con  la   diversita'   delle
fattispecie e con la ratio dei rimborsi in questione:  la  situazione
del soggetto del quale e' stata positivamente accertata l'assenza  di
un'effettiva responsabilita' per danno erariale  -  e  quindi  di  un
concreto conflitto  di  interessi  con  l'amministrazione  -  non  e'
infatti assimilabile a quella di chi ha invece di  fatto  liberamente
impedito   un   tale   accertamento   proponendo   un'eccezione    di
prescrizione». 
    E ancora,  con  riferimento  all'art.  18  del  decreto-legge  n.
67/1997,  e'  stato  aggiunto:  «puo'  dirsi  che  la  decisione  che
"escluda"  la  responsabilita'  e'  diversa  da  una  decisione   che
riconosca invece di non poter  ne'  "escludere"  ne'  "accertare"  la
responsabilita',  in  ragione  della  prescrizione   dell'azione   di
responsabilita'». 
    Le Sezioni riunite hanno, quindi, concluso  con  la  enunciazione
del seguente principio di diritto: «viene confermato e  ribadito  che
le sentenze favorevoli al soggetto chiamato  in  giudizio,  ma  senza
alcun accertamento, "nel merito", dell'insussistenza dei  presupposti
della responsabilita' amministrativa - danno,  nesso  di  causalita',
dolo o colpa grave - non  comportano  un  diritto  del  convenuto  al
rimborso delle spese legali sostenute e non  comportano  nemmeno  per
conseguenza, un obbligo di liquidazione delle spese stesse  da  parte
del giudice contabile. Analogamente, nel processo penale, ai fini del
rimborso   delle   spese   legali   sostenute   dai   dipendenti   di
amministrazioni   pubbliche,   e'   necessaria   una   «sentenza    o
provvedimento che escluda  la  loro  responsabilita'»  (art.  18  del
citato decreto-legge n. 67/1997). E' evidente che il  riferimento  ad
un provvedimento di esclusione della  responsabilita'  condiziona  la
rimborsabilita' delle spese legali ad un accertamento positivo e  nel
merito dell'assenza di responsabilita'. E tale non e'  un'assoluzione
per estinzione del reato dovuta a prescrizione o amnistia  in  quanto
non contiene alcuna valutazione assolutoria nel  merito  (ex  multis,
Sezione giurisdizionale Piemonte, sentenza n. 179/2019). 
    Pertanto, appare chiaro  che  a  livello  nazionale  sussiste  il
consolidato  principio  per  cui  il  rimborso  delle  spese   legali
spettanti ai dipendenti e' da sempre condizionato  dall'esistenza  di
una sentenza che, definendo il giudizio, pronuncia il proscioglimento
nel merito con espressa esclusione di responsabilita' amministrativa. 
    Di  qui  la  chiara  posizione  espressa   dalla   giurisprudenza
contabile,  secondo  cui  non  spetta  «alcun  rimborso  in  caso  di
proscioglimento dovuto ad amnistia» cosi' come neanche  nei  casi  di
«prescrizione,  patteggiamento  o  oblazione   in   quanto   istituti
riconducibili ad un atto di  volonta'  dell'interessato  che  avrebbe
anche  potuto   rinunciare   ad   essi»   (Sez.   controllo   Veneto,
deliberazione n. 334/2013/PAR). 
    13.  Parimenti  e'  stato  escluso  dal  novero   dei   possibili
beneficiari dei rimborsi delle spese legali il soggetto  destinatario
di invito a dedurre, in caso di archiviazione disposta  dal  pubblico
ministero contabile ai sensi dell'art. 69  del  codice  di  giustizia
contabile, difettando il requisito del definitivo proscioglimento  di
soggetto sottoposto a giudizio. 
    In tal senso, e' stata bene evidenziata la  «non  assimilabilita'
[...] dell'archiviazione disposta dal  pubblico  ministero  contabile
(nell'esercizio  di  una  funzione  che  ne  evidenzia  il  connotato
pre-processuale) all'archiviazione, decisa, invece in sede penale  da
un Giudice terzo - il Giudice per indagini preliminari -  al  termine
della fase istruttoria nell'esercizio proprio dello ius dicere; [...]
Infatti, l'intera attivita' posta in  essere  prima  della  citazione
attiene ad una fase pre-processuale e non ha carattere  decisorio  (e
quindi non e' idonea a ledere le ragioni e gli interessi di  soggetti
che non sono ancora parti di  un  processo  instaurato).  Cio'  anche
quando - come nel caso di specie - detta attivita' si conclude con un
provvedimento di  «archiviazione»;  atto  questo  che,  rimesso  alla
determinazione della parte pubblica, non ha  natura  giurisdizionale,
ne' determina un accertamento negativo di responsabilita',  ne'  puo'
formare giudicato o creare vincoli per lo stesso ufficio del pubblico
ministero, attesa la non definitivita' del suddetto provvedimento che
puo'   essere   revocato   ed   essendo   pur   sempre    proponibile
successivamente, nei limiti del termine di  prescrizione,  l'atto  di
citazione (ex plurimis, Corte  costituzionale  sentenza  n.  415  del
1995;  idem,  ordinanza  n.  261  del  2006).  La  diversita'   della
disciplina processuale giuscontabile da quella processuale penale  e'
tanto piu' evidente ove si consideri che: gia' sul piano letterale vi
e' una differenza nel giudizio  innanzi  alla  Corte  dei  conti  tra
«proscioglimento» e  «archiviazione»,  che  evidenzia  la  differente
autorita' chiamata a pronunciarsi  nei  due  casi:  il  giudice,  nel
primo; il pubblico ministero, nel secondo; l'archiviazione e' appunto
disposta dal pubblico ministero nel procedimento  contabile,  mentre,
come gia' detto, lo e' da un Giudice  nel  procedimento  penale;  nei
giudizi di responsabilita'  amministrativa-contabile  l'archiviazione
non e' soggetta ad  alcuna  valutazione  o  controllo  da  parte  del
giudice, contrariamente a  quanto  avviene  nel  sistema  processuale
penale» (Sez. Marche, sentenza n.  236/2009  cit.;  cfr.  anche  Sez.
Puglia 676/2002). 
    14. Diversamente, la normativa provinciale, si pone  in  completa
difformita'  rispetto  ai  principi,  appena  descritti,   facilmente
desumibili dal tessuto normativo e giurisprudenziale nazionale,  come
peraltro ammesso anche dai rappresentanti della Provincia autonoma di
Trento  durante  il  contraddittorio  finalizzato  al   giudizio   di
parificazione, laddove e' volta a svincolare il rimborso delle  spese
legali da parte dell'Amministrazione dalla necessita' di una sentenza
di piena assoluzione nel merito. Invero, il  presupposto  individuato
dall'art. 92 della legge provinciale 29 aprile 1983, n. 12,  e  dalla
relativa norma di interpretazione autentica recata dall'art. 18 della
legge provinciale 27 agosto 1999, n. 3, e' una qualsiasi sentenza  di
non condanna (ovvero anche un'archiviazione pre-processuale) e non la
sentenza   di   assoluzione   che    escluda    definitivamente    la
responsabilita'. 
    Recita, infatti, il comma 1 dell'art. 92 della l.p. n. 12/1983  e
s.m.: 
        «La  Provincia  rimborsa  le  spese  legali,  peritali  e  di
giustizia sostenute dai  propri  dipendenti  la  difesa  nei  giudizi
civili, penali e contabili nei quali siano stati coinvolti per  fatti
o cause di servizio, salvo rivalsa nei casi di condanna per azioni od
omissioni commesse con dolo o colpa grave dell'imputato  o  convenuto
in giudizio». 
    L'art.  18  della  l.p.  n.  3/1999  e  s.m.   interpretando   la
disposizione appena riportata dispone: 
        «L'art. 92, comma 1, della legge provinciale 29 aprile  1983,
n. 12, come da ultimo modificato dall'art. 16 della legge provinciale
11 settembre 1998, n. 10, s'interpreta nel senso  di  riconoscere  il
rimborso anche delle spese legali, peritali e di giustizia  sostenute
per la difesa nelle fasi preliminari  di  giudizi  civili,  penali  e
contabili; s'interpreta, inoltre, nel senso  che  il  rimborso  delle
spese legali e' riconosciuto anche nei casi in cui e' stata  disposta
l'archiviazione del procedimento  penale  o  del  procedimento  volto
all'accertamento della responsabilita' amministrativa o contabile». 
    In forza di questo  chiaro  ed  inequivoco  testo  normativo,  la
Provincia autonoma di Trento, come emerso agevolmente dall'esame  dei
decreti di liquidazione acquisiti  da  queste  Sezioni  riunite,  nel
corso dell'istruttoria finalizzata alla parificazione del capitolo di
spesa sul rimborso delle spese legali n. 151750-003,  ha  corrisposto
l'importo di euro 146.176,08 a titolo di rimborso di spese  sostenute
nell'ambito  sia  di  procedimenti  contabili  archiviati  ai   sensi
dell'art. 69 c.g.c. sia di giudizi di responsabilita'  amministrativo
- contabili conclusi con mere pronunce di rito nelle quali il giudice
contabile, dichiarando  nulle  o  inammissibili  le  citazioni  della
Procura regionale, aveva disposto - in applicazione  della  normativa
nazionale - la non sussistenza dei presupposti  per  la  liquidazione
delle spese e del rimborso da parte dell'amministrazione (cfr.  Corte
dei conti, Sez. giurisdizionale Trento,  sentenze  n.  12/2015  e  n.
29/2016). 
    Si sottolinea, peraltro, la natura esclusivamente processuale  di
queste  sentenze  di  rito  che  non  precludono  la   riproposizione
dell'azione  e  sono  pertanto  prive,  oltre  che  di  una  precipua
statuizione circa l'esclusione della responsabilita'  del  convenuto,
anche  del  carattere   di   definitivita'   richiesto   in   termini
indefettibili dalla normativa statale per ammettere il rimborso delle
spese legali. 
    E' di tutta evidenza - come emerge  anche  da  quanto  dichiarato
dalla stessa amministrazione nella riunione camerale (cfr.  resoconto
della riunione camerale del  19  giugno)  -  che  la  Provincia,  nel
liquidare detti  importi,  ha  applicato  la  propria  normativa  che
ritiene condizione sufficiente per il rimborso l'assenza di condanna,
diversamente dalla rigorosa normativa nazionale  che  richiede  quale
condizione  necessaria  la  definitiva   e   chiara   esclusione   di
responsabilita' (ratio condivisa dall'art. 31  e  dall'art.  110  del
codice di giustizia contabile). 
    15. La normativa provinciale si muove in senso opposto rispetto a
quello tracciato  dalla  disciplina  statale  e,  come  tale,  appare
costituzionalmente illegittima,  a  giudizio  di  questo  rimettente,
anche con riferimento all'art. 92, comma 3, della  l.p.  n.  12/1983,
laddove autorizza il rimborso delle spese legali in caso di pronuncia
del giudice penale di non doversi procedere per estinzione del  reato
dovuta ad amnistia o prescrizione. 
    Cosi' recita testualmente il ridetto comma 3: 
        «Il  rimborso  delle  spese  legali  puo'  aver  luogo  anche
allorquando il dipendente abbia usufruito  dell'amnistia  intervenuta
prima dell'esaurito accertamento giurisdizionale del reato ovvero  in
caso di accertata prescrizione del reato». 
    Come e' gia' stato evidenziato, la pronuncia del  giudice  penale
di estinzione del giudizio ex art. 531 del codice di procedura penale
per prescrizione del reato o amnistia non contiene alcuna valutazione
assolutoria nel merito. Anzi, qualora  il  giudice  penale  fosse  in
grado di  pronunciare  l'assoluzione  nel  merito  dell'imputato  non
potrebbe applicare la prescrizione. Inoltre, prescrizione ed amnistia
sono sempre rinunciabili da parte degli imputati, a conferma  che  la
loro applicazione non costituisce assoluzione «piena». 
    16. Anche le disposizioni recate  dai  commi  5,  5-bis  e  5-ter
dell'art. 92 della impugnata  l.p.  n.  12/1983  appaiono  di  dubbia
legittimita'  costituzionale  in  quanto  estendono   la   contestata
disciplina del rimborso spese legali, per  quanto  riguarda  l'ambito
soggettivo, anche ai  membri  della  Giunta  provinciale  o  ai  loro
delegati, ai componenti esterni di commissioni  o  comitati  comunque
denominati  istituiti  presso  la  Provincia  nonche',  sul  versante
oggettivo,  ai  procedimenti  disciplinari  ed  ai  procedimenti  per
l'irrogazione  di  sanzioni  previste  dall'art.  145   del   decreto
legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (testo  unico  delle  leggi  in
materia bancaria e creditizia). 
    Le disposizioni appena citate dispongono, infatti, quanto segue: 
    «5. Le norme di cui ai precedenti commi  si  applicano  anche  al
presidente della Giunta provinciale ed agli assessori provinciali che
siano coinvolti in giudizi civili, penali e  contabili  per  fatti  o
cause connessi all'adempimento del proprio  mandato  e  all'esercizio
delle proprie pubbliche funzioni, nonche' ai loro delegati che  siano
coinvolti  in  analoghi  giudizi   per   fatti   o   cause   connessi
all'esercizio delle pubbliche funzioni delegate, purche' lo specifico
atto di delega sia previsto da vigenti disposizioni di legge. 
    5-bis. Le disposizioni di cui al presente articolo  si  applicano
anche per i provvedimenti disciplinari nei quali i  dipendenti  della
Provincia  siano  coinvolti  per   iniziativa   di   organi   esterni
all'amministrazione provinciale quando la legge  prescriva  l'obbligo
dell'assistenza tecnico-legale di un difensore. 
    5-ter. Le disposizioni del presente articolo si  applicano  anche
ai  componenti,  che   non   appartengano   all'amministrazione,   di
commissioni  o  comitati  comunque  denominati  istituiti  presso  la
Provincia.  Quest'articolo  si  applica  anche  ai  procedimenti  per
l'irrogazione  di  sanzioni  previste  dall'art.  145   del   decreto
legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (Testo  unico  delle  leggi  in
materia bancaria e creditizia), avviati nei  confronti  di  personale
dipendente  nominato  dalla  Provincia  ai  sensi   della   normativa
provinciale che ha svolto tali compiti, in  base  a  disposizioni  di
servizio, in orario di lavoro o comunque come obbligo di servizio». 
    Sul  punto  appare  utile  richiamare  la  sentenza  della  Corte
costituzionale n. 197/2000, che, in ordine alla censurata  disparita'
di trattamento tra dipendenti e  amministratori  con  riferimento  al
rimborso  delle  spese  legali  consentito  dalla   legge   regionale
siciliana, ha  sottolineato  quanto  segue:  «vi  e'  sicuramente  un
profilo rilevante che, nell'ambito dell'organizzazione  dell'ente  di
appartenenza, investe la posizione del dipendente e non anche  quella
dell'amministratore:  il  rapporto  di  subordinazione.  Mettere   le
proprie energie lavorative  a  disposizione  del  datore  di  lavoro,
assumere questi  ultimo,  oltre  all'obbligo  della  retribuzione,  i
rischi e i corrispondenti oneri di  protezione  per  tutto  cio'  che
viene  fatto  dal  lavoratore  nello  svolgimento  della  prestazione
oggetto del rapporto, sono i  tratti  che  caratterizzano  il  lavoro
dipendente  [...].  Si  tratta  sempre  di  conferire   all'ente   di
appartenenza le proprie energie lavorative, cio' che non avviene  per
gli amministratori, la cui immedesimazione  organica  con  l'ente  si
basa su un rapporto,  variamente  configurato  in  dottrina,  ma  che
comunque non e' di lavoro subordinato». 
    Le medesime considerazioni possono essere valide altresi' al fine
di manifestare dubbi circa la legittimita' costituzionale  del  comma
5-ter dell'art. 92 della l.p.  n.  12/1983  citato,  con  particolare
riferimento  all'estensione  del  rimborso  delle  spese  legali   ai
«componenti esterni di commissioni  o  comitati  comunque  denominati
istituiti presso la Provincia». 
    17.  Da  quanto  sopra  evidenziato  emerge  in   modo   evidente
l'irragionevole disparita' di trattamento (art. 3 della Costituzione)
tra dipendenti ed amministratori della Provincia autonoma di Trento e
dipendenti dello Stato e  delle  restanti  pubbliche  amministrazioni
(principi  di  uguaglianza  e  ragionevolezza).  Cio'  in  quanto  la
Provincia autonoma di Trento, eccedendo dalle competenze  statutarie,
ha legiferato sul rimborso delle spese legali ai propri dipendenti ed
amministratori  in  modo  assai   piu'   permissivo   rispetto   alla
legislazione statale ed ai principi di comune applicazione a  livello
nazionale, invadendo la competenza legislativa esclusiva dello  Stato
in materia di «giurisdizione e norme processuali; ordinamento  civile
e penale; giustizia amministrativa» (art. 117, comma 2,  lettera  l),
della Costituzione). E' infatti evidente che le disposizioni  di  cui
trattasi sono inerenti al il riconoscimento di spettanze civilistiche
di derivazione processuale che, come tali, non sono derogabili  dalla
potesta' legislativa attribuita dallo Statuto speciale alle  province
autonome,  competendo  esclusivamente  allo   Stato   la   disciplina
legislativa della  materia  appena  enunciata  (Corte  costituzionale
sentenze n. 19/2014 e n. 81/2017). 
    Inoltre, la ridetta disciplina provinciale laddove  autorizza  la
rifusione delle spese legali anche in caso di  sentenze  del  giudice
contabile  diverse  dal  proscioglimento   nel   merito   ovvero   di
applicazione della prescrizione o dell'amnistia nei processi  penali,
fattispecie che nel resto del territorio nazionale sono pacificamente
configurate come causative di danno erariale, introduce una causa  di
esenzione da  responsabilita',  incidendo  pertanto  illegittimamente
anche sul regime  sostanziale  della  responsabilita'  amministrativo
contabile (Corte costituzionale n. 345/2004). 
    Quanto appena rilevato, capovolgendo la  disciplina  della  legge
dello Stato in materia di condizioni per  la  liceita'  del  rimborso
delle spese legali, determina altresi' la  lesione,  da  parte  della
impugnata  legislazione   provinciale,   sia   dell'art.   97   della
Costituzione sotto il profilo del buon andamento e dell'imparzialita'
dell'amministrazione pubblica, sia dell'art. 117,  comma  2,  lettera
l),  della  Costituzione,  interferendo   con   l'ordinamento   della
giurisdizione    contabile,     riconducibile     alla     «giustizia
amministrativa». 
    18. Per quanto appena detto, la disciplina  provinciale,  oggetto
della  presente  questione  di  legittimita'  costituzionale,  appare
altresi' invadere la competenza esclusiva dello Stato di cui all'art.
117,  comma  2,  lettera  l),  della   Costituzione   nella   materia
«giurisdizione e  norme  processuali»  e  violare,  al  contempo,  la
riserva propria della Corte dei conti nelle materie  di  contabilita'
pubblica ai sensi dell'art. 103, comma 2, della Costituzione, secondo
cui  «la  Corte  dei  conti  ha  giurisdizione   nelle   materie   di
contabilita' pubblica e nelle altre specificate dalla legge». 
    Occorre muovere dalla considerazione che un orientamento costante
della Corte costituzionale afferma che l'art.  103,  comma  2,  della
Costituzione si riferisce all'ampio ambito della «tutela del pubblico
danaro» (cosi' la sentenza n.  185/1982,  ma  analogamente  anche  la
risalente sentenza n. 68/1971) ed e' comprensivo dei giudizi di conto
e dei giudizi di responsabilita' amministrativo-contabile.  Ora,  con
la sentenza gia'  citata  n.  19/2014,  la  Corte  costituzionale  ha
riconosciuto come la fissazione  dell'an  del  rimborso  delle  spese
legali al convenuto e,  quindi,  «il  regime  delle  condizioni  alla
presenza  delle  quali  le  spese  legali  sostenute   dai   soggetti
sottoposti  al  giudizio  della  Corte  dei  conti  sono   rimborsate
dall'amministrazione di appartenenza» rientri tra i compiti  elettivi
del giudice  contabile.  Le  norme  provinciali  censurate,  operando
un'estensione oggettiva e soggettiva  della  disciplina  dettata  dal
legislatore statale per il  rimborso  da  parte  dell'amministrazione
delle spese legali sopportate nell'ambito di  giudizi  contabili  per
fatti connessi con l'esercizio  delle  funzioni,  vanno  ad  incidere
sulla competenza rimessa, in via esclusiva, alla Corte dei conti  per
l'accertamento in ordine all'an della liquidazione delle spese legali
nell'ambito del processo contabile e, quindi, del successivo rimborso
da parte  dell'Amministrazione  al  dipendente  convenuto.  In  altri
termini, solo e soltanto la legge  dello  Stato  puo'  determinare  i
presupposti per il sorgere del diritto  di  credito  del  dipendente/
amministratore al rimborso delle spese legali e  tale  prospettazione
appare suffragata dalle disposizioni statali che si sono succedute e,
da ultimo,  risulta  avvalorata  dalle  disposizioni  del  codice  di
giustizia contabile, segnatamente l'art. 31 e l'art. 110. 
    Si   tratta   evidentemente   di   disposizioni   afferenti    al
riconoscimento di spettanze civilistiche di promanazione  processuale
che, come tali, non sono derogabili  in  forza  dell'esercizio  della
potesta'  legislativa  attribuita  alle  Regioni  e   alle   province
autonome,  competendo   esclusivamente   allo   Stato   la   potesta'
legislativa  in  materia  di  «giurisdizione  e  norme   processuali;
ordinamento civile e penale;  giustizia  amministrativa»  (art.  117,
comma 2, lettera l, della Costituzione). 
    Il  vulnus  alla  competenza  esclusiva  statale  in  materia  di
giurisdizione contabile appare ancora piu' grave con riferimento alla
disposizione recata dal  comma  1-bis  dell'art.  92  della  l.p.  n.
12/1983. Detta norma prescrive, addirittura, che  anche  in  caso  di
condanna penale o contabile potrebbe essere disposta la  liquidazione
delle  spese  legali  ai  dipendenti   ed   amministratori,   qualora
un'apposita   commissione   provinciale   (sostituendosi,   pertanto,
evidentemente     all'accertamento     effettuato     dal     giudice
istituzionalmente deputato alla qualificazione della  responsabilita'
ascrivibile all'agente) valuti la condotta dell'agente non gravemente
colposa. 
    Questo il testo del richiamato comma 1-bis della l.p. n. 12/1983: 
        Qualora dalla sentenza di condanna  intervenuta  nei  giudizi
penali e contabili di cui al comma 1 non risulti il grado  di  colpa,
per l'accertamento della sussistenza del requisito della colpa  grave
al fine di disporre il rimborso delle spese legali o  la  conseguente
rivalsa, la Giunta provinciale si avvale di una apposita  commissione
composta  da  tre  membri  particolarmente  qualificati  nel  settore
giuridico e legale che esprime proposte motivate per tale  scopo.  La
medesima commissione opera anche nel caso in cui la sentenza  sia  in
parte di condanna e in parte di assoluzione per proporre alla  Giunta
provinciale se ed in che proporzione debba avere luogo la rivalsa  di
cui al comma 1. A tutti i componenti della commissione che esercitano
la professione di avvocato sono corrisposti i compensi  stabiliti  ai
sensi  dell'art.  57  del  regio  D.L.  27  novembre  1933,  n.  1578
(Ordinamento delle professioni di avvocato e procuratore)». 
    Il contrasto delle disposizioni provinciali di cui  trattasi  con
la  normativa  nazionale  e  l'interferenza  con   la   giurisdizione
contabile emergono in modo evidente dall'approfondimento  istruttorio
svolto nell'ambito del giudizio a quo. Invero, sono stati acquisiti i
decreti di liquidazione  di  spese  legali  sostenute  da  dipendenti
provinciali,  tra  i  quali  quelli  connessi   a   procedimenti   di
responsabilita' conclusi con sentenze di rito. In particolare, con la
sentenza n. 29/2016 della Sezione giurisdizionale di Trento,  che  ha
costituito il presupposto della  predetta  liquidazione,  il  giudice
contabile ha chiaramente disposto quanto segue: 
    «Trattandosi di pronuncia in rito, nulla e' dovuto per  le  spese
di giudizio, poiche' «l'art. 10-bis, comma 10, del 30 settembre 2005,
n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2  dicembre  2005,
n. 248 (che ha autenticamente interpretato l'art. 3, comma 2-bis, del
decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 543, convertito con  modificazioni,
dalla legge 20 dicembre 1996, n. 639,  e  l'art.  18,  comma  1,  del
decreto-legge n. 67 del 1997,  convertito  nella  legge  n.  135  del
1997), stabilisce espressamente che la liquidazione  delle  spese  ai
fini del rimborso da parte dell'amministrazione  di  appartenenza  va
disposta solo in caso di proscioglimento nel  merito  del  convenuto,
con esclusione di tutti gli altri casi» (Sezione III Appello, n.  565
del 17 settembre 2010; n.  127  del  6  aprile  2016;  questa  stessa
Sezione, n. 21 del 31 luglio 2015; Sez. Giur. Abruzzo, n. 218 del  23
gennaio 2013; Sez. giur. Marche, n. 249 del 20 dicembre 2010;  SS.RR.
n. 3/QM/2008 del 27 giugno 2008; Sez. giur. Lombardia, n. 136  del  6
marzo 2008; Sez. giur. Basilicata, n. 231 del 18 dicembre 2006;  Sez,
I, n. 89 del 5 aprile 2006; e conformi)» . 
    E',   quindi,   evidente   l'interferenza   della    legislazione
provinciale con la giurisdizione contabile  alla  luce  dei  principi
nazionali. 
    19. Le citate disposizioni provinciali, ampliando  la  disciplina
del rimborso  delle  spese  legali  in  difformita'  dall'ordinamento
giuridico nazionale ed in  violazione  della  competenza  legislativa
esclusiva statale, incidono altresi' chiaramente sugli  equilibri  di
bilancio  (articoli  81  e  119,   comma   1,   della   Costituzione)
determinando un aggravio della spesa per il personale,  che  «per  la
sua importanza strategica, costituisce non gia' una  minuta  voce  di
dettaglio»  nei  bilanci  delle  amministrazioni  pubbliche,  ma  «un
importante aggregato della spesa di parte corrente» (ex multis, Corte
costituzionale sentenza n. 108/2011). Tale spesa, pertanto, altera il
risultato di amministrazione ed incide negativamente  sull'equilibrio
dei bilanci e sulla sostenibilita' del debito pubblico, in violazione
degli articoli 81  e  97,  comma  1,  della  Costituzione.  Il  nesso
funzionale che connette la violazione  della  competenza  statale  in
materia di «giurisdizione e norme processuali; ordinamento  civile  e
penale; giustizia amministrativa» con la tutela del  bilancio  inteso
quale bene pubblico viene chiaramente in rilievo in questo  specifico
caso (Corte costituzionale n. 146/2019). 
    20. Da ultimo, in  conformita'  alla  consolidata  giurisprudenza
della Corte costituzionale, queste Sezioni riunite ritengono di dover
verificare se siano possibili  ipotesi  interpretative  delle  citate
disposizioni provinciali  che  consentano  di  superare  i  dubbi  di
costituzionalita' sopra esposti. 
    Si   ritiene,   tuttavia,   che   non   vi   siano   spazi    per
un'interpretazione costituzionalmente orientata, poiche' qualsivoglia
approccio  esegetico  e'  inibito  dal  carattere  perentorio   delle
disposizioni, alla stregua anche  della  chiara  voluntas  legis  del
legislatore provinciale (espressa, peraltro, chiaramente ed  in  modo
inequivoco dal Presidente della  Giunta  provinciale  nel  corso  del
contraddittorio orale durante il giudizio di parifica), che detta una
disciplina di dettaglio del rimborso delle spese legali a favore  dei
dipendenti e degli amministratori della Provincia  autonoma  difforme
dai principi nazionali, nonche' dalla  mancanza  nell'ordinamento  di
norme e  principi  in  grado  di  consentire  di  emendare  le  norme
provinciali con l'ausilio dell'analogia. 

(1) «La giurisprudenza ha piu' volte messo in luce,  come  del  resto
    desumibile, dal dettato normativa, che nel nostro ordinamento non
    si ravvisa un  principio  generale  che  consenta  di  affermare,
    indipendentemente  dalla   fonte   normativa   settoriale   e   a
    prescindere dai  limiti  in  cui  il  diritto  viene  confermato,
    l'esistenza di un  generalizzato  diritto  al  rimborso  di  tali
    spese.  Difatti,  l'assunzione   dell'onere   della   spesa   per
    l'assistenza legale ai dipendenti degli enti  locali  non  e'  un
    atto dovuto, ne'  tantomeno  automatico,  ma  e'  conseguenza  di
    alcuni  presupposti  che  devono   sussistere   e   di   rigorose
    valutazioni che l'ente e' tenuto a fare, anche  ai  fini  di  una
    trasparente, efficace ed efficiente amministrazione delle risorse
    pubbliche economiche», Corte dei conti,  Terza  sezione  centrale
    d'appello, sentenza n. 18 del 13 febbraio 2019. 

(2) Con la citata sentenza n. 12 del 2015, la Sezione giurisdizionale
    della Corte dei conti di Trento aveva disposto «che  il  pubblico
    ministero provveda a rinnovare la citazione - ovvero le  distinte
    citazioni in relazione a ciascuna fattispecie dannosa individuata
    [...] - spese al definitivo». 

(3) La mancata impugnazione in via principale di norme delle  regioni
    o delle province autonome non preclude  la  possibilita'  per  la
    Corte dei  conti,  in  sede  di  giudizio  di  parificazione  dei
    rendiconti,    di    sollevare    questioni    di    legittimita'
    costituzionale,  giacche'   -   come   ha   chiarito   la   Corte
    costituzionale con la sentenza del 6 giugno 2019, n. 138 «Ove sia
    la legge stessa a pregiudicare principi di rango  costituzionale,
    l'unica via da percorrere  per  il  giudice  della  parificazione
    rimane proprio il  ricorso  all'incidente  di  costituzionalita'.
    [...] A favore di tale conclusione  concorrono  due  distinte  ma
    complementari concause: a) gli interessi erariali  alla  corretta
    spendita delle risorse pubbliche [...] non hanno, di regola,  uno
    specifico portatore in grado di farli valere  processualmente  in
    modo diretto;  b)  le  disposizioni  contestate  non  sono  state
    impugnate nei termini dal Governo, unico soggetto abilitato a far
    valere  direttamente  l'invasione  di   materie   di   competenza
    legislativa statale,  divenendo  intangibili  per  effetto  della
    decorrenza   dei   predetti    termini    e    della    decadenza
    conseguentemente maturata». 

(4) Con la sentenza  n.  19  del  2014  la  Corte  costituzionale  ha
    dichiarato l'illegittimita' costituzionale  di  una  norma  della
    Provincia autonoma di Bolzano, che consentiva all'amministrazione
    provinciale  di  rimborsare  le  spese   legali   sostenute   dal
    dipendente disattendendo la statuizione  di  compensazione  delle
    spese processuali disposta  dal  giudice  contabile.  Il  Giudice
    delle  leggi  ha,   infatti,   ritenuto   che   con   l'impugnata
    disposizione provinciale «incidendo  sulla  materia  «ordinamento
    civile» e «giustizia amministrativa», si disciplina, peraltro  in
    senso  difforme  dalla  normativa  statale,   il   regime   delle
    condizioni alla presenza delle quali le  spese  legali  sostenute
    dai soggetti sottoposti al giudizio della Corte  dei  conti  sono
    rimborsate dall'amministrazione di appartenenza  eccedendo  dalle
    competenze statutarie»